West Side Story (1961- J. Robbins e R. Wise)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Il film è la riproposizione dei creatori Robbins e Wise dell’omonimo musical osannato dal pubblico in tutto il mondo, sempre interpretato da Natalie Wood, diventando uno dei capolavori del genere musical di tutti tempi, candidato a undici Premi Oscar e vincitore di ben dieci, è di fatto uno dei capostipiti del musical moderno. Una delle difficoltà maggiori che i due registi si sono trovati a fronteggiare, è stata quella di riproporre l’intensità della danza e la freschezza delle canzoni dell’opera teatrale nella sua trasposizione cinematografica, ben consci però di avere l’ingrediente del successo nelle musiche Leonard Bernstein e nelle parole di Stephen Sondheim e nella bravura dei protagonisti. Così la pellicola, liberamente tratta dalla tragedia di William Shakespeare Romeo e Giulietta, rivista in chiave moderna a sfondo sociale, racconta la storia di due bande rivali, i newyorkesi anglosassoni Jets capitanati da Riff (Russ Tamblyn) e gli Sharks, ragazzi di origine portoricana guidati da Bernardo (George Chakiris). L’amore travolge Maria (Natalie Wood), sorella del capo-banda dei portoricani e Tony (Richard Beymer), ex-componente pentito dei Jets.02
Il manifesto a cura di Silvano “Nano” Campeggi ha il grandissimo pregio di raccontare la storia, attraverso alcuni elementi che evidenziano non solo la bravura dell’artista cartellonista, ma anche il “potere narrativo” del manifesto cinematografico.
Il fruitore del manifesto viene letteralmente catturato dai colori forti e intensi, che esaltano la contemporaneità e la modernità della pellicola, in contrapposizione ai musical dell’era classica. I colori inoltre sono un richiamo diretto alla pellicola e alla lunga sequenza iniziale, realizzata a immagine fissa dove cambiano solo i colori, con delle righe verticali disuguali e un accompagnamento orchestrale che funge da Ouverture; al termine del brano l’immagine stessa si restringe mettendo in evidenza il titolo della pellicola, mentre una dissolvenza incrociata rivela che le righe verticali altro non sono che la stilizzazione dei grattacieli dell’isola di Manhattan. La modernità è uno dei fili conduttori del film già a partire dai dai titoli di testa, per i quali non a caso è stato scelto il famosissimo designer Saul Bass, realizzatore tra l’altro di altrettante opere iconiche, tra le quali i titoli e gli apparati promozionali del film Vertigo di Hitchcock.
La gamma cromatica ha anche un carattere anche simbolico, poiché non solo è intesa come trasfigurazione della modernità e del senso di ribellione, ma al contempo fa presagire le intense emozioni e la drammaticità dell’epilogo della storia. Così Nano Campeggi utilizza il rosso, colore primario delle grande emozioni, come sfondo per quasi tutta la porzione di spazio, fatta eccezione per un color ceruleo nella parte bassa, “graffiato” da quel rosso che si insinua con pennellate affilate. La struttura del manifesto si articola su più livelli, grazie all’intuizione di inserire delle sagome in negativo, che enfatizzano la forza della danza e implicitamente della storia trattata, una danza libera, a braccia alzate e intenta a saltare in una storia ricca di passione. Ma questa parte di immagine così libera e giocosa è minata dalla presenza di un’altra sagoma, questa volta realizzata con il nero, che campeggia al centro dello spazio. Qui prende vita l’espressione agguerrita di Bernardo e il suo pugnale, ulteriore presagio del drammatico epilogo, che viene inserito nella parte bassa del manifesto. In quest’ultima scena, realizzata con la classica delle tecnica del bozzetto cinematografico, la protagonista femminile accorre disperata verso un uomo steso a terra; dopo la visione della pellicola, lo spettatore può capire che l’uomo ritratto è Tony, grazie alla caratteristica giacca gialla che l’attore indossa nella pellicola. Il manifesto racconta così la storia partendo dall’alto verso il basso, dalla felicità della sagome che danzano sullo sfondo punteggiato dai grattacieli di New York, al centro oscuro e violento, alla parte bassa dove si consuma il drammatico finale. I crediti sono rilegati nella parte sinistra del manifesto, in una posizione che accompagna il disegno senza sovrastare le parti salienti, dove la grandezza del carattere fa comprendere allo spettatore che non è di particolare importanza il nome dei protagonisti (tranne la diva Natalie Wood a cui è dedicato un maiuscolo più grande), ma è fondamentale solo il titolo della storia, che campeggia in alto a destra grazie a un carattere dedicato, un maiuscolo graffiato come se fosse stato dipinto su di un muro, dove viene urlata tutta la rabbia giovanile dell’Upper West Side, allora difficile quartiere multietnico. Accanto al titolo, l’artista cartellonista ha inserito delle strutture che richiamano le scale d’emergenza americane, sulle quale si muovono danzanti delle sagome bianche, raffiguranti anch’esse un uomo e una donna, rafforzando così la contestualizzazione della pellicola.
Chiara Merlo