I vitelloni (1953- F. Fellini)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Enrico De Seta realizza questa versione del manifesto per la promozione italiana, restituendo la scena dalla festa di carnevale, alla quale partecipano alcuni dei protagonisti. In primo piano l’uomo ha le fattezze di Franco Fabrizi che interpreta Fausto Moretti, uno dei cinque “vitelloni” assieme all’intellettuale Leopoldo (Leopoldo Trieste), al maturo Moraldo (Franco Interlenghi), all’infantile Alberto (Alberto Sordi) e all’incallito giocatore Riccardo ( Riccardo Fellini). Fausto, nonostante una moglie e un figlio piccolo, è un inguaribile donnaiolo: per trasmettere questa sua particolarità, De Seta inserisce accanto alla sua figura l’immagine di una donna, bella e sensuale, con indosso una mascherina di carnevale che le copre solamente gli occhi. Questa maschera non solo contestualizza al meglio la figura nella festa, che si svolge alle spalle delle coppia in primo piano, ma rende anche la donna non identificabile, una sorta di donna universale oggetto del desiderio di Fausto, che cerca di trattenerla con fare malizioso. Nella pellicola la donna che suscita tanto interesse nell’uomo, è la moglie del suo datore di lavoro, interpretata dalla splendida attrice Lída Baarová, alla quale la figura del manifesto è ispirata. Le due figure in primo piano sono illuminate da una luce di diffusa, che illumina maggiormente la donna, fulcro dell’attenzione dell’uomo nel manifesto e del fruitore dello stesso. Alle loro spalle si svolge un animata festa di carnevale, dove alcune figure danzano sorridenti sotto una cascata di stelle filanti. Sullo sfondo campeggia un carro di carnevale, con la rappresentazione di un pagliaccio sorridente, con tanto di naso rosso. La gamma cromatica è giocata sui toni del marrone, punteggiata da pochi punti di colore, come il palloncino rosso oppure il sipario rosso, alle spalle della figura maschile in primo piano.
Con I vitelloni Federico Fellini da vita ad un racconto sulla provincia italiana degli anni ’50, un microcosmo sonnolento di desideri e ambizioni mai realizzati, grazie anche alla sottile ironia di Ennio Flaiano e Tullio Pinelli, che hanno contribuito alla scrittura del soggetto assieme al regista riminese.
Un’altra versione del manifesto, è visibile in questo articolo.
Chiara Merlo