I selvaggi della prateria (The Wild Westerners, 1963- O. Rudolph)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Film appartenente al genere western che elenca gli stereotipi nella raffigurazione che costituisce il manifesto italiano, curato da Alfredo Capitani. L’artista infatti inserisce elementi tipici come la prateria, la diligenza trainata dai cavalli e i banditi ma lo fa in maniera spettacolare: la prateria è inserita in primo piano, proprio davanti allo spettatore ed è resa grazia ad una gamma di colori caldi, marroni e gialli alternati, che conferiscono una luce molto particolare, come se la stessa fosse inondata dal sole oppure percorsa da un fuoco che la brucia in modo incontrollato. Questa sfondo di per sé già caratteristico, viene completato da una classica diligenza con un tiro di sei cavalli lanciati al galoppo, che si muovono in modo disarticolato con i muscoli ben definiti e in tensione, dando così il senso della fuga e della velocità incontrollata, difatti la traiettoria della diligenza viene piegata dalla velocità e lo spettatore ha la sensazione che stia per rovesciarsi da un momento all’altro. Lanciati all’inseguimento della carrozza un gruppo sparuto di banditi emerge in secondo piano, proprio in mezzo al nugolo di polvere sollevato dalla fuga disperata. Come se l’immagine non fosse abbastanza eloquente, l’artista sceglie di inserire un primo piano di grandi dimensioni di un bandito, che costituisce una sorta di sfondo alla scena, costituendo così un collegamento immediato tra lo stesso e la scena sottostante. Il volto risulta particolarmente inquietante e minaccioso, completamente nascosto sotto una bandana di colore giallo che occulta i lineamenti, fatta eccezione per gli occhi che sono ben visibili. Questo sguardo duro e spietato è direttamente indirizzato a colui che guarda l’immagine, in un coinvolgimento diretto. Capitani realizza l’intera scena con dovizia di particolari e con una precisione e un pulizia del tratto che caratterizza la sua intera produzione artistica, supportato dall’uso di una gamma cromatica particolarmente efficace ed evocativa e dai chiaroscuri che modellano sia cavalli che il volto minaccioso dell’uomo, donando così un realismo ad entrambi i soggetti, che contribuisce a creare un’armonia tensiva che fa da filo conduttore all’intera immagine.
Alfredo Capitani (Ciampino, 1895 – Roma, 1985) è stato uno scenografo, pubblicitario e pittore italiano. Dopo aver frequentato l’Accademia Inglese di Belle Arti di Roma e il conseguente diploma in scenografia, si dedica inizialmente al teatro, approdando successivamente al cinema, fondando nel 1919, uno studio per la realizzazione di manifesti pubblicitari. Questo gli consente di entrare in contatto con altri pittori, con cui collabora per la preparazione di allestimenti per sale cinematografiche, con grandi manifesti murali e pitture che venivano spesso utilizzate in diversi cinema. Proprio in questo periodo conosce Luigi Martinati con il quale fonda una società per il lancio di pellicole, la Maralca. Capitani lavora sia per produttori italiani che americani come MGM,Foxe Columbia Pictures, diventato l’autore del manifesto di manifesti famosissimi come ad esempio quelli per i filmGilda, Moby Dick, Oceano rosso, Sfida infernale, Gli amori di Carmen.
Chiara Merlo