Sedotta e abbandonata (1964-P. Germi)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>La pellicola, interpretata da Stefania Sandrelli, Aldo Puglisi e Saro Urzì, fa parte di una sorta di trilogia iniziata con Divorzio all’italiana (1961) e conclusa con Signore & signori (1966), dove il regista racconta attraverso chiavi di lettura inconsuete, la società italiana contemporanea.
Il manifesto creato del cartellonista
qui al suo primo bozzetto per un film italiano, è di grande impatto visivo e dal sapore squisitamente pittorico. L’attrice Stefania Sandrelli raffigurata in posizione seduta su di un punto d’appoggio, le braccia incrociate, il viso in posizione frontale, incarna la gioventù e la sensualità. Lo sguardo fieramente indirizzato verso il fruitore del manifesto e accompagnato da un’espressione quasi irriverente, fanno da contraltare al vestito nero e castigato della giovane, un elemento quest’ultimo che contestualizza indirettamente la storia sceneggiata in mondo ora molto lontano. La giovane è quasi inconsapevolmente sensuale, con la spessa calza nera che scivola dalla sua gamba, simbolo di quell’ingenuità che la porta ad essere protagonista di una storia drammatica. Intorno alla donna vengono riprodotti, in un vero e proprio turbinio, i volti del resto dei protagonisti della storia, uomini e donne che diventano artefici del destino della giovane. Questa moltitudine di volti, in larga maggioranza maschili, sono grotteschi e quasi ossessionanti nelle loro espressioni deformi e caricaturali. Visi che circondano la donna, che rimane nonostante tutto impassibile e guarda fieramente dinnanzi, l’unico viso compassato e serio, che non è grottesco né marcatamente iper-espressivo, ma che esprime una bellezza naturale e tangibile. Queste maschere deformi poste in una spirale ossessionante, veicolano molto bene la società che pone un finto onore davanti a tutto, anche alla felicità di una giovane donna e decidono della sua vita. Iaia completa l’immagine realizzando una gamma cromatica calda che enfatizza il segno a carboncino dei grotteschi e che implicitamente ricorda il caldo dorato dell’estate siciliana, luogo fisico dove è ambientata la storia e che richiama le contraddizioni della contemporaneità, in una Sicilia ancora radicata in principi arcaici e patriarcali, già raccontata da Germi in Divorzio all’italiana.
Chiara Merlo