Ombre rosse (Stagecoach -1939 J. Ford)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Considerato da Andrè Bazin come il prototipo del cinema western classico, Stagecoach segna il ritorno di John Ford al cinema western dopo la pausa degli anni ’30. La pellicola, ispirata al racconto Boule de Suif di Guy de Maupassant, racconta l’avventuroso viaggio di una diligenza, occupata da un gruppo eterogeneo di personaggi che, incuranti del pericolo che incombe per mano di Geronimo e del suo esercito, decidono comunque di intraprendere il viaggio.
Anselmo Ballester traduce letteralmente il titolo nella grafica del manifesto, condensando allo stesso tempo gli elementi chiave della pellicola, in un’immagine giocata su più piani prospettici. Il profilo rosso del guerriero indiano, che campeggia cupo e arcigno al centro dello spazio, crea una sorta di immaginaria cornice ai volti dei protagonisti, mettendoli così in risalto e creando una dicotomia tra le due immagini. John Wayne, ovvero il fuorilegge Ringo, è la star della pellicola e quindi viene posto al centro di questo piccolo gruppo dall’artista, ribadendo così il ruolo dell’attore nel film e il suo ruolo come richiamo per lo spettatore. Il profilo del capo indiano è la traduzione letterale del titolo, è una delle ombre rosse che minacciano i protagonisti, raccolti in una diligenza protagonista di uno dei più famosi e imitati inseguimenti del genere western. L’esercito indiano che campeggia in primo piano, inondato dal colore rosso, amplifica l’idea del titolo, trasmettendo nel contempo il senso di pericolo che pervade gli occupanti della carrozza inseguita. Questo è anche uno dei momenti più famosi della pellicola, anticipato così da Ballester nel manifesto. L’intera gamma cromatica utilizzata, concorre a trasmettere l’inquietudine, con il colore rosso “indiano” che traduce la paura, il cielo cupo e carico trasmette l’incertezza e l’inquietudine, mentre i colori scuri simboleggiano la minaccia e il pericolo avvertito dagli occupanti, che si vedranno profondamente cambiati alla fine del loro viaggio. Idealmente, le gradazioni di rosso si fondono con gli altri colori, creando così un inseme infuocato che ben rende lo scontro ideale tra la civiltà, espressa dalla diligenza, contro la natura selvaggia degli indiani, per i quali è ben lontana la redenzione cinematografica messa in atto in tempi decisamente recenti.
Anselmo Ballester (Roma, 15 luglio 1897 – Roma, 22 settembre 1974) è stato un pittore e cartellonista cinematografico italiano. Figlio di un pittore di origini spagnole, dopo aver frequentato l’accademia di Belle Arti di Roma, inizia a lavorare nella pubblicità cinematografica per le più importanti case di produzione del cinema muto prima e poi per le Major del cinema sonorizzato, affinando uno stile inconfondibilmente elegante e raffinato. I suoi lavori sono stati realizzati per le più grandi case di produzioni, tra le quali MGM, Warner Bros., Columbia, RKO, Titanus, Minerva, Fox, Paramount.
Chiara Merlo