Nikita (1990-L. Besson)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Luc Besson inizia il suo ideale ciclo cinematografico, dedicato a figure femminile particolarmente forti, con Nikita (Anne Parillaud) una giovane tossicomane, instabile e ribelle, che finisce in galera dopo una rapina finita nel sangue. Arrestata e condannata all’ergastolo, la giovane viene requisita dai servizi segreti francesi, che fingono la sua morte per convincerla a diventare una killer professionista per il Governo francese. Una volta finito il duro addestramento, il suo mentore Bob (Tchéky Karyo) trasforma quello che appariva come un incontro galante in un elegante ristorante, nella prima vera missione di Nikita. E’ in questa ambientazione che l’artista Renato Casaro sceglie per ritrarre la protagonista, realizzando un’immagine abbastanza inconsueta. Casaro ritrae la protagonista di spalle, attorniata da muri piastrellati, dove campeggia in primo piano una macchia di sangue. I muri fanno riferimento appunto all’uccisione nelle cucine de Le Train bleu, dove si svolge la prima missione del nuovo killer. Il bianco freddo e asettico, amplifica l’impatto che il rosso della macchia di sangue, che è il fulcro visivo del manifesto, ha sullo spettatore, creando così un richiamo diretto ad una parte specifica del film. Il manifesto è tutto giocato sulla sottrazione, per esempio sarebbe stato più immediato inserire dei cadaveri, per indirizzare lo spettatore verso il racconto filmico, mentre l’artista qui sceglie di mettere in evidenza due elementi per creare un legame con la scenggiatura, una macchia di sangue e la pistola Desert Eagle, ricevuta in regalo e che è il suggello della trasformazione della giovane in una assassina professionista. Altra elemento di sottrazione risulta essere la mancanza del viso dell’attrice, una scelta questa abbastanza inconsueta, ma che si dimostra particolarmente azzeccata nell’economia del manifesto. Non mostrandoci il viso, ma solo uno scorcio della figura, viene amplificato il mistero che circonda la giovane, che entra di fatto in quel momento in una vita che la vedrà il bilico in due ruoli, in una vita privata che lotta con la normalità e una vita segreta, piena di morte. Il manifesto, realizzato da Casaro con la tecnica dell’aerografo, risulta essere di grandissimo impatto, nonostante non abbia elementi di spettacolarizzazione della violenza, che abbondano nei manifesti contemporanei, creando al contrario un insieme che risulta essere al contempo emotivamente forte ed elegante.
Chiara Merlo