L’uomo di paglia (1958-P. Germi)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Pellicola di Pietro Germi, che lo vede nella doppia veste di regista e attore, molto osteggiata dalla critica contemporanea, soprattutto quella della sinistra più radicale.
Questa versione del manifesto è affidata ad Arnaldo Putzu, che lo sviluppa partendo dal colore, impiegato come forma di linguaggio espressivo. La gamma cromatica utilizzata dall’artista cartellonista infatti fa presagire al fruitore del manifesto che nella pellicola non accadrà nulla di buono. I colori utilizzati comunicano lo stato d’animo dei personaggi raffigurati, non c’è un colore sgargiante e solare, non una luce che illumini i protagonisti e li renda in primo piano, tutto è pervaso da una sorta di alone grigio che avvolge il primo piano di Pietro Germi, cupo con la sigaretta tra le labbra, lo sguardo malinconico e al tempo stesso dolce che è una sorta di suo “marchio di fabbrica” recitativo, la gamma di grigi che modellano il viso modellato dell’attore. Accanto, il mezzo busto raffigurante Luisa Della Noce che interpreta Luisa Zaccardi, sconsolata e affranta, che indirizza lo sguardo triste verso il fuori campo del manifesto. Anche in questo caso il viso è restituito grazie a un ritratto fotografico in cui è stato impiegato un chiaroscuro marcato nell’intensità e che modella i tratti con luci e ombre che contribuiscono ad accrescere l’aria desolata, già chiaramente espressa dal viso dell’attrice. Nella parte bassa del manifesto, un uomo e una donna si abbracciano con trasposto, ma nonostante questa porzione di disegno sia stata messa più il luce rispetto al resto, dall’espressione della donna non presagisce nulla di buono, sembra un abbraccio d’addio, carico di dolore veicolato dall’espressione della donna. Putzu crea l’immagine alternando queste tre sequenze, creando una sorta di vortice intrinsecamente narrativo, presentando il protagonista maschile interpretato da Germi, diviso tra la vita famigliare incarnata dalla moglie disperata al suo fianco dopo la confessione, e l’amore travolgente che lo coinvolge con la giovane Rita Fabiani, interpretata da Franca Bettoja.
L’artista, scegliendo di non svelare il volto dell’uomo protagonista dell’abbraccio, alimenta il senso di incertezza che pervade il manifesto, inducendo una forma di curiosità nello spettatore, che non vede l’ora di poter vedere chi in realtà è l’uomo, invitandolo così alla visione della pellicola.
Arnaldo Putzu (6 agosto 1927 – 1 settembre 2012) è stato uno degli illustratori italiani più richiesti all’estero nel periodo d’oro per i cartellonisti. Nato a Roma, diplomato all’Accademia d’Arte, si trasferisce a Milano per il suo lavoro d’illustratore, qui incontra Enrico De Seta, che lo riporta nella sua città natale. Dopo gli anni con De Seta e nello Studio Favalli, Putzu apre un proprio studio. Alla fine degli anni ’50 nasce il sodalizio con il prestigioso studio inglese di Eric Pulford, che lo porta a lavorare principalmente in Inghilterra. Autore prolifico, è considerato uno dei principali maestri del ritratto fotorealistico.
Chiara Merlo