Ladri di biciclette (V. De Sica-1948)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Uno dei massimi capolavori del neorealismo italiano, osannato a livello internazionale e vincitore di numerosissimi riconoscimenti, tra i quali l’Oscar come miglio film straniero, Ladri di biciclette prende spunto dal romanzo di Luigi Bartolini, diventando però l’esempio della struttura narrativa tipica del sodalizio Zavattini-De Sica che valorizza il gesto minimo della quotidianità, “pedinando” l’individuo e la sua semplicità rendendolo al contempo, universalmente riconoscibile. Il viaggio di Antonio Ricci (Lamberto Maggiorani) e del piccolo Bruno (Enzo Stajola) sono in fulcro della realtà che si svolge davanti agli occhi dello spettatore. De Sica ebbe grandissime difficoltà a trovare i fondi per la produzione, ma proseguì convinto per la propria strada puntando al realismo del suo cinema e rifiutando così le ingenti somme dei produttori americani, che volevano come protagonista della pellicola addirittura Cary Grant. Il regista quindi mise in scena quasi tutti attori non professionisti, presi dalle strade di Roma. La stessa città Eterna con le sue strade, la sua monumentalità, la sua quotidiana umanità è da considerarsi come una sorta di “personaggio” della pellicola. Altra componente essenziale della storia sono le biciclette, icona del mondo lavorativo ma anche della tentazione di infrangere la legge, simbolo della disperazione della sopravvivenza. Il manifesto italiano del film fu affidato al maestro Ercole Brini, pittore che sarà uno dei grandi protagonisti della stagione dei cartellonisti, collaborando con le major hollywoodiane. Brini con il suo stile efficace ed estremamente pittorico, condensa nel manifesto gli i quattro elementi essenziali, protagonisti del film: il piccolo Bruno che osserva con il volto disperato ed invocante il padre, che è al suo fianco con lo sguardo abbassato e perso nei propri pensieri e nella propria composta disperazione. Le posture di entrambi rese da Brini, sono naturali e molto diverse dalle pose divistiche del cinema americano, in modo da ribadire in modo netto e concreto, il concetto di realismo della pellicola. Le immagini dei due attori sono realizzate grazie a una luce e colori caldi, che danno profondità ed un senso di umanità alle figure. Dietro di loro nella parte del manifesto in cui il soggetto viene sfumato, è rappresentato un uomo di spalle mentre conduce a mano una bicicletta. Protagonista invece dello sfondo è la città, una Roma raffigurata in due scorci e con l’utilizzo di due tipi di luci diverse, in modo tale che la parte raffigurante uno spazio aperto con una chiesa in lontananza, sia avvolta da una luce tersa ed uniforme mentre la veduta a sinistra del manifesto, che rappresenta probabilmente uno dei quartieri popolari, è avvolta da nuvoloni neri. Luce e ombra, speranza e disperazione condensati nella dura quotidianità del dopoguerra italiano.
Chiara Merlo