Il 18 maggio del 1980, all’età di 23 anni, Ian Curtis, cantante dei Joy Division, si impicca nel bagno del suo appartamento. Quando Curtis cantava “l’amore ci separerà di nuovo” e “questa è la crisi che sapevo sarebbe arrivata” sapeva che la morte era lì dietro l’angolo ad aspettarlo.
La morte è stata da sempre, nel rock e nel blues, una presenza costante ed ossessiva. Tantissimi sono stati i musicisti morti giovani o suicidi o per cause legate ad una vita libera e dissoluta: Tommy Bolin, chitarrista dei Deep Purple muore a 25 anni per overdose, stessa sorte tocca a Janis Joplin a 27 anni; John Bonham, batterista dei Led Zeppelin, muore soffocato dal suo vomito a causa di intossicazione alcolica (32 anni), così come accade a Jimi Hendrix il 18 settembre 1970 a 27 anni (l’età maledetta che segna la morta anche di Jim Morrison e Amy Winehouse) e a Bon Scott, cantante degli AC/DC, a 33 anni; Cliff Burton, bassista dei Metallica, resta ucciso in un incidente d’autobus all’età di 24 anni, nel pieno del successo; Tom Evans, cantante dei Badfinger si suicida all’età di 36 anni; Jaco Pastorius, bassista dei Weather Report, viene ucciso durante una rissa a soli 35 anni; vittima di omicidio è anche John Lennon ucciso l’8 dicembre 1980, all’età di 40 anni, per mano di Mark Chapman. Otis Redding muore in un incidente aereo a 26 anni; Steve Ray Vaughan precipita col suo elicottero a 35 anni. L’eroina uccide Sid Vicious a soli 21 anni e Gary Thain, bassista degli Urian Heep e Bob Marley. LSD rovina completamente Syd Barrett, fondatore dei Pink Floyd, a soli 24 anni.
La lista dei musicisti morti prematuramente potrebbe continuare ancora. Sembra che il rock sia veramente una musica maledetta e che i suoi adepti, per ottenere il successo, paghino al demonio il prezzo dell’anima.
Per tutti i gruppi from Seattle, ad esempio, questo resta il fulcro su cui tutti i testi ruotano, un’ossessione che si riverbera sul colore nero dei vestiti e sulle immagini inquietanti delle copertine. E la triste sorte di alcuni sui esponenti, come Chris Cornell, leader dei Soundgarden, conferma nuovamente questo sottile confine che separa l’immaginario della musica e la realtà.
I gruppi rap cantano di sparatorie, lotte tra gang, ‘conti di corpi’. I Public Enemy girano con una milizia armata al loro fianco; Ice T esprime violenza estrema ai suoi concerti e promette una pallottola in fronte a chiunque.
Death Metal, Grind, Black Metal, Doom: voci profonde, cupe, riti satanici e misteri di civiltà perdute, miti nordici ed evocazioni spettrali creano un mondo parallelo in cui è fin troppo facile perdere la capacità di distinguere la realtà dalla finzione, come nella tragica vicenda dei norvegesi Mayhem.
Negli anni novanta, mentre i Gwar ci regalano spettacoli splatter con mutilazioni e sbudellamenti, i Jesus & Mary Chain proiettavano sul palco immagini di violenza, da Arancia Meccanica e dalla realtà (e spesso si confondono) e gli U2 costruivano una enorme macchina di spettacolo in cui vengono duramente messi a giudizio i buchi neri della comunicazione.
Gli anni novanta sono anni in cui i best sellers, negli Stati Uniti, sono le biografie dei serial killers; in cui gli snuff movies (film con immagini vere di morti in diretta) hanno traffici miliardari. L’assassino seriale è, negli Stati Uniti, al primo posto tra le professioni più eccitanti.
Perchè tanto interesse verso la morte? Sembra che la fiducia nel progresso non esista più. Nessuna speranza, nessuna pena per nessuno. I media sono riusciti a renderci totalmente insensibili a qualunque evento: sorridiamo di fronte alle immagini e alle notizie terribili che incontrollatamente tutti i giorni i Telegiornali e i notiziari ci propinano. La nostra reazione di indifferenza è l’unica arma di difesa contro un’alternativa ansia cronica ed impotenza appresa che spontaneamente nascerebbe di fronte al così detto ‘Male del mondo’.
La paura dell’AIDS allontano la nostra generazione da qualunque modello passato: il pericolo è nascosto in ogni luogo e oggi non si muore più solo da vecchi ma anche da giovani.
Il suicidio di Kurt Cobain ha lacerato per un breve periodo questa cappa nera che soffoca i giovani. E’ proprio il fatto reale e concreto che, in mezzo a tanto parlare, lascia pietrificati. Cobain cantava del suo dolore, della sua voglia di morire, del suo sacrificarsi. Tossicodipendente e infelice Cobain si è ucciso veramente.
Il fascino della morte è un piacere incontrollabile. E’ il nostro Demone della Perversità, come diceva Edgar Allan Poe nel racconto omonimo, che ci spinge a desiderare di urlare là dove non è consentito, di pensare a cosa accadrebbe se dicessi o facessi una determinata cosa in una situazione che non lo consente e che arriva, infine, a stimolare la nostra curiosità nei confronti del malato, del deforme e del sofferente. E’ ciò che oggi ci fa rallentare nei pressi di un incidente d’auto per guardare cosa è accaduto.
In Strange Days (1995) di Kathrine Bigelow un pazzo assassino registra le sensazioni delle persone che stà uccidendo e le rivende perchè la gente vuole sapere cosa si prova quando si muore, vuole assaporare il gusto del terrore puro. Le regole della vita sono quelle della sopravvivenza e il piacere è quello di sfiorarle continuamente. In una cultura altamente automatizzata e virtualizzata il senso del reale lo si riacquista con emozioni forti . Sembrerebbe che il solo modo di sentirsi appartenenti al mondo sia quello di attraversarne continuamente i confini, giocando col rischio e mettendo a repentaglio la nostra stessa esistenza.
E’ l’ultima tappa del viaggio della conoscenza dei due protagonisti del film Crash (David Cronenberg, 1996), Ballard e Cathrine, alla ricerca dell’ultima sensazione. Ma la morte è beffarda: o c’è lei o ci siamo noi, e viverla e raccontarla non è possibile. Le loro ultime parole sono il testamento di un secolo che oscilla continuamente tra vità e morte, realtà e finzione, concreto e virtuale. I due personaggi cercano continuamente di morire in modo consapevole, elegante, erotico. Ma per ora non ce l’hanno fatta e chissà, forse sarà per “la prossima volta…la prossima volta…”.
Dottor Samuel “Sam” Loomis
In Inghilterra, nella metà anni '70, i giovani cercavano la propria identità ascoltando i vinili dei loro miti (Buzzcocks, Sex Pistols, David Bowie). Si vestivano come loro, ne emulavano le movenze e si truccavano davanti allo specchio delle loro camerette tappezzate di poster sognando le luci del palcoscenico. Qualcuno ce la fece. A Macclesfield, a pochi chilometri da Manchester, un Ian Curtis appena ventenne si unì ad altri tre ragazzacci - Peter Hook, Bernard Sumner, Stephen Morris - per formare i Joy Division, band di culto che segnò l'inizio della scena post-punk.
Il fotografo e videomaker Anton Corbijn fa il suo esordio in lungo raccontando la storia di Ian Curtis, morto suicida a soli 23 anni.
David Croneneberg, 1996.
Il produttore cinematografico James Ballard e la moglie Catherine attraversano una fase difficile della loro vita matrimoniale. Divenuti quasi indifferenti l'uno verso l'altra, cercano rapporti con altri partner, anche occasionali, e poi si descrivono reciprocamente gli incontri. Quando rimangono coinvolti in grave incidente d'auto insieme alla macchina guidata dalla dott.ssa Helen (il marito muore), le cose cambiano radicalmente: il rischio mortale corso e l'eccitazione provata durante la guarigione al termine della quale James comincia una relazione con Helen, inducono la coppia ad insistere nella ricerca del rischio estremo, della sfida alla morte come sopremo momento di esaltazione fisica e sessuale.
Jim Jarmush, 1994.
Verso la fine dell'Ottocento, un giovane di nome William Blake intraprende un viaggio verso una piccola cittadina di frontiera in cerca di un lavoro. Ma le cose non vanno per il verso giusto. Dopo aver ucciso un uomo per legittima difesa è costretto a scappare, braccato da un gruppo di spietati cacciatori di taglie.
Joel e Ethan Coen, 1996. Un uomo che versa in disperate condizioni finanziarie decide di inscenare il rapimento della moglie, per ottenere un cospicuo riscatto dal ricco suocero. Deve però impiegare i servizi di un paio di sgherri che si riveleranno non molto affidabili: finiranno per spargere del sangue molto presto e a lasciare tracce che non sfuggiranno alla brillante poliziotta Marge Gunderson, incinta di otto mesi ma dal fiuto indiscutibile.
Michael Haneke, 1997.
Per le vacanze estive Anna, Georg e il figlio Georgie raggiungono la loro incantevole casa in riva al lago. Mentre padre e figlio armeggiano sulla barca a vela rimessa a nuovo e Anna sta preparando la cena, all'improvviso si trova davanti Peter, un ragazzo dall'aria perbene, ospite dei vicini, che le chiede delle uova per conto di Eva. Dalla serenità si passa, ben presto, al terrore...
Clint Eastwood, 1992.
William Munny è un ex fuorilegge dal passato leggendario, ma da diversi anni ha deciso di dedicarsi alla famiglia e fare l'allevatore. Con la morte della moglie la situazione domestica si fa sempre più difficile, e per questo decide di accettare la proposta di un giovane pistolero: uccidere due cowboy che hanno sfregiato una prostituta e incassare la taglia.
Takeshi Kitano, 1992.
Un poliziotto dai trascorsi non esattamente limpidi, braccato dalla Yakuza, decide di fare una rapina e di fuggire con la moglie malata in una località di villeggiatura...
Alex Proyas, 1994.
Durante la notte di Halloween Detroit viene assediata e messa a ferro e fuocodalla banda di Top Dollar. La gang fa irruzione nell'appartamento di Eric Draven e della sua fidanzata Shelley: la ragazza viene picchiata e stuprata, muore poco dopo all'ospedale, mentre Eric viene scaraventato fuori dalla finestra e si sfracella al suolo. Un anno più tardi un corvo si posa sulla tomba del giovane, la sua anima torna in vita ed Eric risorge per vendicarsi dei suoi assassini.
Rémy Belvaux, André Bonzel, Benoît Poelvoorde,1992.
Ben è un assassino senza nessun rimorso. Uccide i derelitti, i vecchi, i disadattati, perché è più facile farla franca. Con lui ci sono un operatore e un regista che seguono le sue sortite.
Brett Morgne, 2015.
Dall'infanzia nella piccola Aberdeen, nello stato di Washington, alla morte, che lo ha consegnato e strappato allo stesso tempo alla storia del post rock, il documentario ricostruisce la vicenda artistica e biografica del leader dei Nirvana, Kurt Donald Cobain. Le interviste di rito alla moglie, alla madre e alla sorella, alla prima fidanzata, al compagno di palco Krist Novoselic, non distolgono dalla centralità in cui Morgen tiene fermo il suo oggetto d'indagine, la sua rabbia già infantile, l'impegno nella musica, l'emozione della paternità, la dannazione dell'eroina. Ne esce un Cobain privato, grazie al tanto materiale quotidiano e famigliare a cui il regista ha avuto accesso, che non contraddice però l'immagine pubblica consegnata in vita e testimonia così di un'autenticità rara per una rockstar, che fa certamente parte delle ragioni dell'amore che la sua generazione (e non solo) ha nutrito per lui e per il suo modo di essere, su e giù dal palco.
David Fincher, 1995.
Il detective Somerset, subito prima di andare meritatamente in pensione, segue il suo ultimo caso in coppia con il giovane e avventato collega Mills: una serie di omicidi feroci, dietro i quali si delinea la personalità di un fanatico religioso di spaventosa intelligenza.
Jonathan Demme, 1991.
Buffalo Bill è un serial killer che uccide e scuoia giovani donne. Gli omicidi avvengono in varie zone del territorio statunitense; l'FBI brancola nel buio, non andando oltre l'attribuzione dei delitti ad un unico assassino. L'ultima carta giocata dal capo della polizia federale Jack Crawford è quella di chiedere l'aiuto di un uomo che potrebbe conoscere bene la mente del killer: Hannibal Lecter, brillante psichiatra nonché folle assassino dedito al cannibalismo, rinchiuso nel manicomio criminale di Baltimora. Per parlare con Lecter, viene scelta una giovane recluta non ancora diplomata, Clarice Starling.
David Lynch, 1997. Fred Madison è un musicista sposato ad una splendida dark lady; il sospetto che la moglie lo tradisca lo induce a perdere la fiducia in se stesso e in lei, fino a trascinarlo in una spirale di follia e violenza inaudite...
Kathrine Bigelow, 1995.
Il 30 dicembre 1999, alla vigilia del nuovo millennio, in tutto il mondo si evidenzia una "escalation" di tensione: soprattutto a Los Angeles, una città violenta e caotica, dove la più recente ed illecita forma di divertimento si basa sulla possibilità di rivivere l'esperienza altrui acquistando dei "clips" contenenti, registrati con tecnica digitale, frammenti di particolari momenti di vita. Qui Lenny Nero, ex poliziotto e ricettatore di "sogni" rubati, come spacciatore vende questi "clips" divenuti, ormai, la più richiesta droga capace com'è di penetrare nei meandri della natura umana (sesso, emozioni e violenza). Quando un anonimo fa pervenire a Nero la registrazione della morte di Iris (una giovane adibita ad un lavoro di collegamento per Lenny registrando "clips") questi ne diviene, suo malgrado, emotivamente complice.
Quentin Tarantino, 1992.
Mr. White è un uomo saggio, Mr. Pink è un uomo sospettoso, Mr. Blonde è il solito gradasso, Mr. Brown è un esperto di Madonna e Mr. Orange è il nuovo arrivato del gruppo. Cosa avranno mai in comune questi personaggi dai nomi fittizi? Sono rapinatori, rapinatori esperti che come coronamento di una vita passata dietro alle sbarre, decidono di organizzare una rapina in pieno giorno in una grande gioielleria della città. Il capo del gruppo è Joe che con il figlio Eddie organizza il colpo affidando l'azione ai loro ragazzi.
Spike Lee, 1999. New York, estate del 1977. Mentre il movimento punk viene lentamente sostituito dalla disco-music e dalla "febbre del sabato sera", un pericoloso serial killer inizia a seminare il terrore in città. Gruppi di vigilantes composti da boss di quartiere dichiarano una guerra personale al maniaco, ma la loro azione finirà per rivolgersi anche contro gli indesiderati, primi fra tutti i punk.
Nel 1968 esce nei cinema 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Il capolavoro di fantascienza che consacra il talento inarrivabile di un regista ancora oggi senza pari, capace di cambiare per sempre il...