Guerra e pace (War and Peace – 1956 K. Vidor)
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La pellicola, tratta dall’omonimo romanzo di Lev Tolstoj, diretta da Vidor con la collaborazione del regista italiano Mario Soldati per alcune scene, è una delle grandi e monumentali produzioni realizzate a Cinecittà negli anni ’50, periodo d’oro non solo per il cinema italiano ma anche per le strutture produttive. Le scene in esterni invece, sono realizzate nelle provincie di Torino e di Mantova.
La sceneggiatura condensa il corposo romanzo storico, dando particolare evidenza ai rapporti e agli intrecci che si sviluppano tra i personaggi di Natasha, Pierre e Andrej. Questa particolare evidenza è riportata anche nel manifesto realizzato da Averardo Ciriello. L’artista per questo classico di Tolstoj, realizza un immagine composta da molti elementi, mettendo però in risalto il trio dei protagonisti, Nataša Rostova interpretata da Audrey Hepburn, il principe Andrej Bolkonskij da Mel Ferrer e Pierre Bezukhov interpretato da Henry Fonda, ponendoli al centro dello spazio. Sullo sfondo inserisce un’azione di guerra che risulta essere concitata e carica di drammaticità, resa anche grazie a colori decisi e pennellate veloci, che accennano le figure senza delinearne chiaramente i contorni, donando profondità di campo con l’inserimento di un esercito all’orizzonte. La figura della Hepburn in primo piano, che la pone come fulcro visivo per lo spettatote, è eterea e delicata, gli abiti color pastello si contrappongono al rosso carico dello uniformi dei due soggetti maschili, il suo viso dolce é definito da una luce diffusa, che la rende ancor di più in contrasto con il chiaroscuro accentuato utilizzato da Ciriello per rendere i visi dei due attori, che risultano così essere delle figure cariche di colori e di intensità drammatica nei volti.
In terzo piano, l’artista sceglie di inserire un viso di donna, resa grazie alle fattezze di Anita Ekberg, l’attrice che restituisce nella pellicola il personaggio di Hélène, figlia del principe Kuragin, la bella ed immorale moglie di Pierre Bezukhov. La figura femminile è realizzata solamente con un tratteggio sfumato e grazie a un chiaroscuro delicato e morbido, che non contrasta con il fondo, anzi si fonde con il colore giallo diffuso, rendendo così l’idea che non sia un personaggio inserito in una episodio concreto come le altre figure del manifesto, ma il risultato di un pensiero che alberga in uno dei protagonisti. Questo si ricollega al capolavoro di Tolstoj, dove Hélène occupa spesso i pensieri di Pierre nella prima parte del libro, una presenza che fa commettere all’uomo gesti ossessivi e insensati.
La parte dei crediti occupa la parte bassa del manifesto, con il titolo in maiuscolo rosso, i nomi degli attori secondari separati dalle tre star, i cui nomi sono inseriti nella parte alta, e con una traslitterazione ardita del nome dello scrittore russo, che diventa Leone Tolstoi.
Chiara Merlo