I generi classici hollywoodiani: NOIR
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Il noir nasce in Francia nel 1946 dal colore delle copertine di romanzi polizieschi di successo. Molti teorici intendo il noir, in senso generale, non tanto un genere vero e proprio, quanto un tono e un’atmosfera che può trovare sviluppo in tante forme diverse. Al centro delle narrazioni noir c’è sempre un crimine, ma ciò che sposta l’ago verso i diversi sottogeneri è il punto di vista da cui l’omicidio viene osservato. Se esso viene visto dal punto di vista del criminale siamo di fronte al gangsters movie, se il protagonista della vicenda è un cittadino comune si parla di thriller o mystery movie (è il caso dei gialli di Hitchcook), se chi indaga sul caso è un uomo di legge si parla di poliziesco.

Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle (1887) è il primo romanzo in cui compare Sherlock Holmes
All’interno del filone poliziesco americano esistono principalmente due tendenze: il detective movies e il poliziesco propriamente detto. Il detective movies ha origine negli anni ’40 e ha per protagonista il detective privato derivato che a sua volta può essere l’uomo duro e cinico originato dai romanzi hard-boiled di Raymond Chandler e Dashiel Hammet, oppure quello più astuto, riflessivo e col fiuto per l’indagine alla Sherlock Holmes (personaggio creato da Artur Conan Doyle nel 1887) o alla Perry Mason (creato da Erle Stanley Gardner nel 1933). La figura del poliziotto tradizionale si afferma soprattutto nel corso degli anni ’60 ma acquisterà sempre più prestigio nel decennio successivo.

Lo scrittore Dashiell Hammett
Il debito che il genere ha con la letteratura è enorme. E’ da questo serbatoio che si attingono i modelli psicologici, narrativi e scenografici. La detective story e il cop movie sono suscettibili di integrazioni in altri generi cinematografici, dall’horror al western, dalla commedia al melodramma. Stuart Kaminski in Generi cinematografici americani afferma che “il poliziesco è un genere troppo ampio per essere praticabile”.
Nella nostra selezione di film abbiamo voluto tracciare una linea che lega il noir americano degli ’40 (l’hard boiled con protagonisti detective privati) e il cop movie degli anni ’60 e ’70, fornendo comunque qualche esempio di gangster crepuscolare, come Grisbi di Jean Becker, e thriller con protagonista l’uomo qualunque. Due tendenze, l’hard boiled e il cop movie, che mettono in luce anche due modi diversi di fare cinema. L’investigatore privato è generalmente caratterizzato da un’ambiguità psicologica e da una notevole auto-ironia. Egli è sempre alla ricerca di qualcosa di irraggiungibile attraverso un intricato labirinto di piste e di indizi da cui si ritrova sopraffatto. Egli vive un senso di spaesamento e di disagio in cui la morte e la sconfitta sembrano essere l’unica drammatica certezza. In questi anni si risente della forte influenza della cultura della psicanalisi: il mondo rappresentato rispecchia la caoticità di una situazione interiore insicura e fragile, propria degli intellettuali del periodo che riconoscono il ruolo primario delle leggi del profitto e della violenza, da cui dipendono le sorti della società. Dal punto di vista stilistico notevole è l’influsso dell’espressionismo tedesco, arrivato negli Stati Uniti attraverso molti registi fuggiti dalla Germania nazista durante gli anni ’30, primo fra tutti Fritz Lang autore nel 1944 di La donna del ritratto. Film dagli ambienti onirici e inquietanti, in cui l’enigma resta quello, profondo, della psicologia dei personaggi calati in situazioni assurde e irrisolvibili.

Harvey Keitel nel ruolo del corrotto Ray Roland in Cop Land (1997)
Se il detective, come l’eroe del cinema western, si ritrova schiacciato tra la polizia, che è sempre e ostile al suo lavoro in quanto lo considera professionalmente inferiore al proprio, e i malavitosi, con i quali è spesso costretto a scendere a patti, il poliziotto rappresenta invece l’integerrima figura di buono schierato dalla parte del bene. Se il private eye osserva con distacco la realtà nella quale è coinvolto, il poliziotto ne è invischiato in prima persona. E’ interessante notare come il detective mantiene le sue caratteristiche anche in film più recenti (Il lungo addio di R. Altmar, 1973; Marlowe di D. Richards, 1970), mentre la figura del poliziotto subisce un progressivo cambiamento che ne porta a galla tratti sempre più negativi. Corruzione, violenza, intolleranza, aggressività, trasgressione nei confronti della stessa legge: il poliziotto riscopre le sue radici nel cinema western in un pessimismo individualista e nella ricerca di un proprio ruolo di fronte a una società corrotta e immorale e di una propria idea personale di legge che si oppone a quella istituzionale. Egli vive spesso ai margini della società, disadattato e incompreso. Dalle rappresentazioni ‘irreali’ degli ambienti chiusi degli anni ’40 si passa con il cop movies degli anni ’70 ad un’immagine cruda, squallida e realistica dell’ambiente urbano e della stessa criminalità. Il poliziotto combatte piccoli spacciatori o i delinquenti del ghetto, marionette di un potere criminale superiore non raggiungibile. Il poliziotto vive una profonda crisi, costretto a misurarsi con le frustrazioni del proprio lavoro che offre sempre meno soddisfazioni e sempre più pericoli.
La città è la co-protagonista di questi film. Città assolate che nascondono nel buio i loro sotterranei segreti. Alla verbosità del noir subentra il silenzio e i rumori del traffico e della folla. I luoghi di scontro diventano la fabbrica e l’aeroporto o la stazione. Il primo è l’ambiente dello scontro sociale tra ricchi e poveri, tra padroni e servi, tra detentori del potere e popolo. Il secondo rappresenta la nuova frontiera: la via di fuga e di salvezza dal mondo e dalle sue regole. In una società dove gli emarginati sono costretti a scegliere se essere poliziotti o ladri e in cui la moralità non ha ruolo alcuno, I’unica via resta quella della fuga ma, come accade a Carlito (Carlito’s way di Brian De Palma, 1990), alla stazione qualcuno lo aspetta per impedirgli di partire negando ogni sogno di fuga e di rivalsa.
I FILM
IL MISTERO DEL FALCO (THE MALTESE FALCON, 1941)
di JOHN HUSTON
Il film di John Huston terza versione del romanzo di Dashiell Hammett. Siamo negli anni ’40 e lo stile è quello tipico hard boiled. Il protagonista è un detective privato, schiacciato tra polizia e gangster, alla ricerca di una soluzione per il proprio intricatissimo caso. Dietro la semplice pista sulla quale indaga, Sam Spade (Humprey Bogart) trova un mistero più grande di quanto si aspettava: il falcone maltese, un oggetto leggendario dal valore incommensurabile che pare irraggiungibile e che semina morte tra coloro che lo vogliono possedere. Oltre all’uso delle luci con effetto straniante, compare in questo film la figura della dark lady, la donna che commissiona il caso e che poi si scopre essere implicata in qualche omicidio. Nel finale, secondo quello che diventerà un cliché classico del genere, la donna (innamorata del detective) sarà da questo consegnata alla polizia. Sam Spade è il classico duro della letteratura hard-boiled: cinico, affascinante, enigmatico e freddo. Il film ebbe un buon successo alla sua uscita sebbene in quegli anni fosse vivo un interesse maggiore nei confronti del gangster movies, destinato però a lasciare presto il posto alla nuova tendenza del detective movies. La statuetta del falcone e stata venduta da Christie’s nel 1984 per 398.000 dollari.
IL GRANDE SONNO (THE BIG SLEEP, 1946)
di HOWARD HAWKS
In questo film appare per la prima volta sullo schermo il personaggio di Philip Marlowe, investigatore privato creato da Raymond Chandler, uno degli autori più importanti di romanzi hard-boiled, qui interpretato magistralmente da Humprey Bogart. Il volto scavato, lo sguardo imperscrutabile, il mezzo sorriso cinico e beffardo, fanno di Bogart l’attore modello del genere. Sebbene a livello figurativo Howard Hawks tralasci le tendenze espressionistiche in voga nel genere, tra cui le inquadrature oblique e la presenza ossessiva di vetri e specchi, con questo film offre una rappresentazione dell’intricata e labirintica caoticità del reale come sarà in molti altri film successivi. Marlowe scopre che esiste un mistero più grande dietro alla semplice realtà. In un fitto accadere di avvenimenti, il ruolo di primo piano resta comunque quello della parola: detta, ascoltata, origliata o mai espressa, vera o falsa che sia, essa determina il corso degli eventi. Sembra che la comunicazione stia al centro, non solo di questo film ma di molti altri del periodo nei quali, non a caso, un oggetto che compare ripetutamente è proprio il telefono. Hawks, che offre una sua personale visione del genere, realizza uno dei migliori film degli anni ’40.
GRISBI (TOUCHES PAS SU GRISBI, 1953)
di JACQUES BECKER
Jacques Becker e il regista che insieme a Jean Paul Melville e Henry Clouzot compone il gruppo degli autori del così detto noir francese. Dopo la Seconda guerra mondiale il cinema francese viveva una profonda crisi industriale. Saranno proprio questi registi e in particolare questo film, con il quale Jean Gabin vincerà la coppa Volpi a Venezia come miglior attore, a far recuperare di credibilità il cinema d’oltralpe. Becker attua un recupero intelligente e raffinato del mystery americano degli anni ’40. Il film tratta il tema della criminalità ormai stanca e invecchiata, che desidera ritirarsi dal giro, qui raffigurata nel personaggio di Max (Jean Gabin) che, alla fine, si ritroverà nuovamente costretto a ritornare alla sua vita di gangster. Il fuorilegge ha qui i caratteri tragici tipici del genere: è una persona che tenta una scalata sociale o una fuga dalla malavita ma che è destinata ad una ricaduta nella sua posizione di partenza. Solo la morte si rivela essere l’unico luogo in cui raggiungere la sicurezza che il mondo non offre. L’amicizia tra Max e Ritton costituisce un ulteriore tema portante del film: Becker afferma che la vita umana è guidata da valori importanti, come l’amicizia, che superano la singolarità dell’episodio.
LA FINESTRA SUL CORTILE (REAR WINDOW, 1954)
di ALFRED HITCHCOOK
Protagonisti dei film dell’Hitchcook americano sono generalmente delle persone comuni che si ritrovano costrette a risolvere con le proprie forze dei casi di omicidio. La finestra sul cortile viene spesso interpretato come è una rappresentazione metaforica dello spettatore cinematografico di fronte ai film gialli in cui è chiamato a raccogliere indizi per scoprire chi è l’assassino. L’immobilità del protagonista (fotografo di professione) costretto su di una sedia a rotelle, gli permette di trascorrere delle giornate intere a guardare dalla finestra negli appartamenti dei vicini. L’immaginazione costruisce storie e inventa fatti che talvolta, come in questo caso, si rivelano veri. Se è vero che talvolta l’immaginazione lavora per appagare i desideri irrealizzati, allora è possibile stabilire un rapporto tra James Stuart e l’uxoricida dell’appartamento di fronte: questo gli permette di liberarsi dall’incubo di Grace Kelly, che lo tormenta poiché lo vuole sposare ad ogni costo. Il finale è pero ambiguo: egli si ritroverà con due gambe rotte invece di una, costretto così ad una maggiore immobilità. E’ forse la punizione del voler vedere troppo? La scelta del colore introduce una dimensione più realistica, quotidiana e luminosa. La storia stessa è più lineare e scompaiono i misteri occulti e irrisolvibili.
LA CALDA NOTTE DELL’ISPETTORE TIBBS (IN THE HEAT OF THE NIGHT, 1967)
di NORMAN JEWINSON
Vincitore di 5 premi Oscar, La calda notte dell’ispettore Tibbs vanta anche due sequel, uno del 1970 (Omicidio al neon per l’ispettore Tibbs) e l’altro del 1971 (L’organizzazione sfida l’ispettore Tibbs). II tema razziale introdotto attraverso lo scontro tra Tibbs (Sidney Poiters), ispettore di polizia di una grande città e Gllespie (Rod Steiger), sceriffo di un piccolo paese di provincia si risolve in una stretta di mano tra i due che riappacificano un mondo che, nella realtà è molto più complesso. Siamo negli anni ’60, il cinema si apre a nuove tendenze pacifiste e anti-razziste. Sono gli anni dei movimenti giovanili, omosessuali e femministi. La società chiede dei cambiamenti e il cinema risente di queste richieste. Il cinema nero fa la sua comparsa in molti generi. Nel poliziesco abbiamo soprattutto la serie di Shaft con Richard Rouduee iniziata nel 1971. Il successo di La calda notte dell’ispettore Tibbs è dovuta anche alla sua prevedibilità e dalla sua capacità di tranquillizzare lo spettatore. Il tema razziale e quello dello scontro tra la l’arretratezza della provincia e la professionalità della metropoli resta sempre su toni soffusi, senza mai aprirsi ad una vera denuncia. L’ambientazione notturna, le lunghe pause dei dialoghi, il caldo umido della cittadina contribuiscono a dare dei tratti specifici al nuovo poliziesco del decennio successivo, che sarà sempre piu cronachistico e vicino alla realtà di tutti i giorni.
BULLIT (Id, 1968)
di PETER YEATS
Steve McQuenn è un attore che resta indissolubilmente legato al genere poliziesco. Sul finire degli anni ’60 il poliziotto vero e proprio ha definitivamente sostituito il detective privato. Bullit viene ricordato per quegli splendidi nove minuti di inseguimento in macchina che costituiscono un esempio esaltante di azione e che si imporrà come modello per molti altri film successivi. Si sviluppa in questi anni un interesse viscerale per la città rappresentata nelle sue due dimensioni di luce e buio. Alla luminosità della strada e dei luoghi all’aperto si oppone l’oscurità delle metropolitane, dei bar sotterranei, dei vicoli chiusi, come se esistessero due mondi opposti che appartengono alla stessa realtà. Questa doppiezza della città, Eden e inferno allo stesso tempo, è propria anche dei suoi cittadini, a cavallo tra la giustizia e la colpevolezza. Un’ambiguità che presto andrà ad intaccare la figura stessa del poliziotto. Alla colonna sonora si sostituisce il rumore della città: i tre inseguimenti automobilistici che scandiscono lo svolgersi del film, sono privi di accompagnamento musicale: ciò che sentiamo è solo il rombo del motore e delle gomme che bruciano l’asfalto.
IL BRACCIO VIOLENTO DELLA LEGGE (THE FRENCH CONNECTION, 1971)
di WILLIAM FRIEDKIN
L’iperrealismo cinematografico degli anni ’70 apre il genere poliziesco alla messa in scena del sangue, della violenza, della bruta realtà espressa con colori realistici. Friedkin offie uno squarcio dell’America degli anni ’70 attraverso il personaggio di Popeye (diventato, inspiegabilmente, ‘Papà’ in italiano), un poliziotto interpretato da Gene Hackman sulle tracce di un grosso spacciatore di eroina francese e del suo carico. La sua ricerca e difficile e frustrante (da ricordare la sequenza nella quale osserva il suo uomo pranzare in un ristorante di lusso mentre lui è costretto a mangiare una pizza al freddo, o quella in cui fa smontare completamente un’automobile perché convinto che contenga il carico di eroina che cerca). E’ crisi totale per l’uomo di giustizia, sulle tracce di un fantasma o di una forza superiore alle sue capacità, di un gioco manovrato dall’alto contro il quale c’è poco da fare. Violento, volgare, solitario, Popeye non ha vita sociale, isolato anche dagli stessi colleghi. La città rappresentata nel film non ha più nulla di affascinante: è sporca, diroccata, decadente, così come lo sono gli stessi valori americani. Il parallelismo insistito tra il poliziotto e il criminale sottolinea molte differenze ma anche molti tratti comuni. Vincitore di 5 premi oscar (film, regia, sceneggiatura, montaggio e attore protagonista) avrà anche un meno fortunato sequel nel 1974 (Il braccio violento della legge n.2).
WITNESS – IL TESTIMONE (Id., 1985)
di PETER WEIR
La storia è quella di un bambino di cultura amish (setta religiosa che rifiuta ogni forma di violenza e di progresso) che assiste ad un omicidio compiuto da un poliziotto. Questo si mette sulle sue tracce e su quelle del detective Book (Harrison Ford), incaricato di proteggerlo. Al centro del film la dilagante corruzione della polizia e il rispetto delle culture diverse, tema tipico del regista australiano Peter Weir. I poliziotti al cinema sono cambiati. Il poliziotto ha acquistato un carattere sempre piu violento e intollerante, tanto che per i film della coppia Don Siegel – Clint Eastwood (Dirty Harry, 1971) e per lo stesso Braccio violento della legge si è parlato di tendenze fascistoidi. In altri casi è l’abuso di alcool e droga (I ragazzi del coro di R. Aldrich, 1977) o, più frequentemente, la corruzione a demolire l’immagine della polizia come accade in Serpico di Sidney Lumet (1973) e in Witness. ln ogni caso la polizia non garantisce sicurezze. Ed ecco comparire sullo schermo la figura del giustiziere privato, capostipite dei quali è Charles Bronson in Il giustiziere della notte di M. Winner (1974). Il tutore della legge buono e ancora fiducioso nei valori Io si ritrova nelle serie televisive che dalla fine degli anni ’60 in poi invadono le case di milioni di telespettatori. Essi mostrano un mondo semplice, strutturato sulla divisione buoni / cattivi. Tra questi i Chips, Sulle strade della Calfornia, Baretta, Starsky e Hutch, e molti altri.
SEVEN (Id., 1996)
di DAVID FINCHER
L’uomo di fine millennio non ha valori e non ha fede ed è macchiato di tutti e sette i peccati capitali. Certamente le punizioni che infligge lo psicopatico non sono rispettose dell’ortodossia cattolica, ma il forte moralismo che lo stimola è dettato da un’esigenza di purificazione. Il film, come Fincher ha già fatto in Alien 3 (1994), presenta molti riferimenti al Medioevo, epoca di unita politica sotto l’egida della Chiesa, ma anche di superstizioni e di paure. Sconfitto il giovane poliziotto dalla vita ‘invidiabilmente’ normale (una moglie, un figlio, tante speranze per il futuro), resta in gioco il vecchio, colui che ha esperienza e che sa affrontare con razionalità gli ostacoli che trova sul suo percorso. Seven è un film difficile, che sorprende ed entusiasma molto di più alla seconda visione che alla prima. Il film sui serial killer, uno dei filoni di maggiore successo degli anni ’90, porterà con sé nuove riflessioni e tornerà a spostare l’interesse sulla figura del criminale piuttosto che su quella del poliziotto.
FARGO (Id., 1996)
di JOEL COEN
L’ambientazione di questo film è fantastica, girato nelle distese di neve del Canada, prevalentemente su di una strada che collega un piccolo paese ad una grande città. I freddo del ghiaccio è simile alla freddezza dei personaggi, dall’assassino che uccide senza pietà le sue vittime fino alla poliziotta Margie, che resta impassibile di fronte ai molti cadaveri che incontra durante la sua ricerca. La capacità dei fratelli Coen è quella di spiazzare lo spettatore, velando di humour nero la terribile storia (vera) che raccontano. Un uomo con problemi finanziari gravi, piuttosto che umiliarsi a chiedere del denaro in prestito organizza il rapimento della propria moglie. A questo fatto fanno seguito una serie di delitti che precipitano la situazione in maniera irreversibile. La televisione appare come una protagonista del film: di fronte ad essa le persone tacciono e guardano inebetite stupidi programmi. Le persone appaiono anestetizzate e profondamente incapaci di gestire il reale. Nel mondo dei Coen non sembra essere dominato dalla cattiveria ma dalla stupidità.
THE DEPARTED – IL BENE E IL MALE (Id., 2006)
di MARTIN SCORSESE
Cupo, cinico, senza speranza. Il film poliziesco del decennio è senza dubbio The departed di Martin Scorsese. Il film rappresenta perfettamente alcune tendenze del genere degli anni Duemila. Innanzitutto si tratta di un remake di un film di Hong Hong (Infernal Affairs di A. Lau e S. F. Mak), in secondo luogo mette in primo piano la figura dell’infiltrato che vive in questi anni un grande successo. E’ proprio Hong Kong la città in cui il genere è stato rinnovato tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90 grazie a registi come John Woo e Tsui Hark. Il montaggio parallelo che lega i due personaggi principali mette in luce un mondo fatto di maschere, menzogne e vendette. Ma soprattutto il rapporto ambiguo tra bene e male.
Hollywood alla conquista del mondo. I generi classici
Indice
- Introduzione
- Breve storia del cinema di genere classico hollywoodiano
- Il noir
- La commedia
- L’horror
- La fantascienza
- Il western
- Il musical
Dottor Samuel “Sam” Loomis