I generi classici hollywoodiani: COMMEDIA
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Può essere di natura satirica, parodistica, morale, sociale o politica, secondo il bersaglio scelto dall’autore, ma riesce sempre a scatenare il divertimento dello spettatore. Nel cinema degli inizi questo tentativo era già evidente. L’arroseur arrose (L’innaffiatore innaffiato) dei fratelli Lumiere del 1895, uno dei primi film della storia del cinema, ci riuscì aprendo le porte ad un genere che avrebbe fatto la fortuna di molte cinematografie. Saranno gli anni del New Deal del presidente Roosvelt dove fioriranno autori e produzioni che diventeranno il modello da imitare nelle decadi successive: Lubitsch e Hawks, in particolare, ‘padri’ indiscussi della ‘sophisticated comedy’, che sviluppa sempre i medesimi concetti comico-drammatici attorno a personaggi e situazioni che si ripetono all’infinito, sebbene con varianti derivate dai fatti del giorno o da problemi di attualità. Registi come Frank Capra, che aveva diretto nel periodo muto i migliori film di Harry Langdon, o Leo Mcarey, che aveva lavorato con Stan Laurel e Oliver Hardy, o George Cukor, che aveva lavorato con Ernst Lubitsch, o Norman Mcleod, che si specializzò nel cinema comico dirigendo alcuni dei più noti film interpretati dai fratelli Marx, sono tra gli autori che hanno gettato le basi per la commedia come la conosciamo oggi.
I FILM
LA GUERRA LAMPO DEI FRATELLI MARX (DUCK SOUP, 1933)
di LEO McCAREY
Leo McCarey è da considerarsi il ‘creatore’ di Laurel e Hardy (Stanlio e Ollio) i quali sotto la sua direzione diedero le cose migliori. Così come per altri mostri sacri, tra cui Harold Lloyd, Eddie Canton e W.C. Fields. Per quanto riguarda Groucho, Harpo e Chico Marx, essi sono considerati i maggiori attori comici americani che abbiano esordito nel cinema sonoro. Di origine ebraica, furono fin da giovanissimi attori di vaudeville, acquistando ben presto una popolarità eccezionale che li portò a Hollywood, dove interpretarono alcune delle loro più fortunate commedie. Il loro periodo più felice è sicuramente il primo (1929-1933), che vede una serie di capolavori comici intramontabili. I tre fratelli (nei primissimi film insieme ad una quarto fratello, Zeppo) non hanno mai diretto un loro film, ma possono senza il minimo dubbio essere considerati gli autori e non soltanto per la loro personalità e bravura, ma soprattutto perché sul set essi causavano una tale confusione da rendere vano qualsiasi sforzo registico di costruzione di ordine. Nutriti da una tradizione ebraica di umorismo caotico e irrefrenabile, sposata degnamente alla grande scuola americana della comicità verbale e iperbolica, i Marx mostrano sin dall’inizio la loro volontà di apocalittico attacco ad ogni perbenismo, ad ogni luogo comune. Nulla tiene davanti alla loro furia selvaggia di detrattori della morale corrente, del costume consacrato, delle idee ricevute. Diversissimi I’uno dall’altro, i tre si fondono in modo geniale, perfino quando militano in campi avversi come in questo film.
NINOTCHKA (Id., 1939)
di ERNST LUBITSCH
Nato in Germania nel 1922 se ne andrà in America a lavorare dove fin dall’inizio mostrerà quella che sarà fino all’ultimo la dominante comica del suo cinema, il suo occhio estroso e solo apparentemente scanzonato dietro a cui si cela una critica mordace al compromesso borghese. Piccolo maestro di montaggio funzionale, troverà nel sonoro il cinema più adatto al suo fine senso della battuta maliziosa e paradossale. Negli anni ’30 cominciano i suoi capolavori come Mancia competente, La vedova allegra, Desiderio, e molti altri ancora. Con Ninotchka la satira del regista diventerà direttamente politica. Infatti è una sorridente satira al moralismo comunista e alla superficialità mondana dei suoi antagonisti. Altro primato del film è il fatto che Greta Garbo riderà sullo schermo per la prima volta nella sua carriera anche se interpreta una truce inviata speciale da parte del Regime.
IL GRANDE DITTATORE (THE GREAT DICTATOR, 1941)
di CHARLIE CHAPLIN
Nato in Inghilterra ebbe un’infanzia e un’adolescenza miserabili. Figlio d’arte conobbe l’orfanotrofio e i più umili mestieri finché, insieme al fratellastro Sidney, non calcò ancor giovanissimo le scene teatrali, facendosi strada sino a giungere in America dove sarebbe diventato uno dei piu grandi autori cinematografici di tutti i tempi. Tra i suoi capolavori del muto ricordiamo ‘Charlot’ in varie vicende ne Il monello, Il pellegrino, Lafebbre dell’oro, Il circo. Il cinema sonoro stava furoreggiando e Chaplin vi si opponeva decisamente perché sosteneva che la sola immagine bastasse a raccontare. Nel 1931 esce Luci della città, di cui I’autore stesso curerà il commento musicale. Il forte patetismo lacrimevole viene oscurato dalla sferzante satira sul mondo dell’industrializzazione che sia mai apparsa sullo schermo: Tempi moderni. Poi finalmente Chaplin passa al film parlato: Il grande dittatore, opera di
grande impegno civile. In essa il regista non rinuncia alle sue tipiche caratteristiche di comicilà, ma sempre in un quadro di pervasiva tragedia. Il film conta momenti straordinari (il balletto del dittatore Hinkel col mondo, che vediamo in questa antologia) ma soprattutto evidenzia un’accurata denuncia nei confronti della barbarie del potere. Fortemente contrastata sin dal momento della sua apparizione, la pellicola fu seguita da accuse personali alla condotta del regista. Autore di un cinema severamente ancorato a leggi di ripresa esistenziale, Chaplin è il regista di uomini e attori, dell’abilita e della professionalità, genio dello spettacolo, in fondo la sua concezione del cinema è sempre rimasta quella dei primi tempi: la registrazione diretta, immediata, fedele dei dolori, delle frustrazioni, delle lotte e delle speranza dell’uomo in un mondo ingiusto e insano.
GLI UOMINI PREFERISCONO LE BIONDE (GENTLEMEN PREFER BLONDES, 1953)
di HOWARD HAWKS
Sportivo e appassionato di aeroplani giunse al cinema per caso. Il suo cinema è uno splendido esempio delle vette che il professionismo può raggiungere a dispetto delle mille limitazioni imposte dal commercio della grande industria. Questo formidabile maestro americano al cento per cento, resterà nella storia della cinematografia come un mostro dello spettacolo e una guida di essenzialità e di stile per le generazioni future, che guarderanno a lui come a un ispiratore. Non c’è genere cinematografico da lui visitato che non abbia risentito da quel momento in poi della sua mano personale e abilissima. In questa antologia vedremo inseriti in altri generi altri due suoi capolavori. Un dollaro d’onore e Il grande sonno. Fiducioso nel valori dell’amicizia, Hawks non ha mai risparmiato critiche al volto anonimo della società americana, a un potere cioè che è I’esatta antitesi dei valori individuali in cui egli crede. Si tratta sempre di valori virili, in netta contrapposizione con quella componente matriarcale della cultura statunitense che tanto cinema americano ha esaltato. Hawks sente il fascino della donna. Ne fa fede un film come questo o Il grande sonno, ma sempre sottolineandone la componente di frode, di calcolo, d’inganno, letale o tenera che sia. Costruzione di meccanismi narrativi perfetti e calibrati nel rapporto tra I’immagine e la struttura, il suo cinema e quello di un pioniere della ricerca innovativa, di un audace sperimentatore di formule diverse che faranno testo in tutto il cinema americano
MON ONCLE (Id., 1958)
di JACQUES TATI
Pseudonimo di Jacques Tatischeff. Il suo film d’esordio che lo rivelerà al grande pubblico è Giorno di festa del 1948. La serena impossibilità dei personaggi di Tatì crea sullo sfondo di un isterico tecnologismo, un contrasto esasperante ed accattivante. Ciò vale per il postino del suo primo cortometraggio e in misura maggiore per Monsieur Hulot, l’inconfondibile figura dall’impermeabile svolazzante, il cappello e la pipa, vero centro motore attorno al quale ruotano i film successivi. Il processo di identificazione che si attua tra lo spettatore e Hulot permette allo stesso spettatore di decifrare con occhi disimpegnati I’assurda società che lo circonda. La repressione travestita da libertà, I’appiattimento dell’individuo e I’omogenea monotonia del vivere sono gli argomenti dominanti dei suoi film. Ad una straordinaria e spietata capacità di osservazione, Tatì unisce un gusto sicuro della gag e una tecnica rigorosa che riscopre le risorse del cinema muto e le riutilizza giocando il significato del film più sui rumori che sul dialogo o sulle immagini Tatì è considerato il miglior comico francese.
A QUALCUNO PIACE CALDO (SOME LIKE IT HOT, 1959)
di BILLY WIDER
Il più grande e originale allievo di Lubitsch, maestro inzuperato della commedia umana, fustigatore spietato di vizi e virtù americane. Partito dalla Germania con la vittoria del nazismo, si reca in Francia dove dirigerà un film. Poi, nel 1934 è negli USÀ dove continuerà la sua carriera di sceneggiatore, collaborando a due film di Lubitsch e a uno di Hawks. La sua prima regia americana è del 1942, Frutto proibito nel quale già si profilano alcuni temi cari all’autore: il sesso ed il travestimento, l’età. Lo scetticismo di Wilder è senza confini, non c’è nulla di sacro nei suoi stralunati personaggi, vittime prima ancora che carnefici. Ma il regista non si allontana dal magistero distesamente sorridente di Lubitsch: Sabrina, Quando la moglie è in vacanza, Arianna, sono alcuni titoli che precedono I’uscita di questo film. Screwball comedy è considerata questa sua opera. Ossia commedia dinamica e vorticosa con risultati d’eccezione. Film sul cinema, A qualcuno piace caldo rivisita i miti del gangster dei film anni’30 con una deliziosa leggerezza, dietro la quale – a ben vedere – si cela una profonda e dolente visione del mondo. Per tutta la vita Wilder ha combattuto contro Hollywood, contro la sua falsita” riassunto di un’intera società di ipocriti. Per tutta la vita ha girato film che ne accettavano apparentemente le regole commerciali, inserendo però al momento adatto un catalizzatore di verità che suggerisce a chi sapesse leggere il senso profondo dei suoi film. Per tutta la vita Wilder ci ha detto che la maschera del mondo può essere calata ignominiosamente, anche e soprattutto facendo finta di cadere nella sua trappola.
UNO SPARO NEL BUIO (A SHOT IN THE DARK 1964)
di BLAKE EDWARDS
Sarà nel 1961 con Colazione da Tiffany che Edwards dispiegherà tutta la sua finezza di direzione. Considerato un regista apparentemente facile è in realtà capace di opere alquanto sofisticate. Il suo maggior successo è senza dubbio La pantera rosa (1963), contaminazione di giallo e commedia, destinata ad una serie di ‘seguiti’ che sono giunti sino ad oggi. In Edwards va ascritta una certa tendenza di carattere metalinguistico, grazie alla quale egl è riuscito a parodiare e satireggiare il cinema sia nei suoi miti che nel suo ambiente: film come Hollywood Party e La grande corsa ne faranno ampiamente fede. Di mano sempre lieve Edwards rimane un attore personale il cui stile e abbastanza riconoscibile: un merito non da poco.
SILENT MOVIE (Id., 1976)
di MEL BROOKS
Giunto al cinema dal teatro leggero, autore di cabaret dal tipico umorismo ebraico-americano, collaboratore di cineasti d’animazione, vince un oscar già aI suo primo film, Per favore non toccate le vecchiette. Sarà Frankenstein Junior nel 1974 a dargli il successo mondiale, parodia di certo horror, film riuscito anche grazie alla bravura degli attori impegnati. Due anni dopo con questo film vincerà la sfida di realizzare un film completamente muto di successo.
MISTERIOSO OMICIDIO A MANHATTAN (MANHATTAN MURDER MYSTERY, 1993)
di WOODY ALLEN
Il suo vero nome è Allen Stewart Koningsberg ed è il maggior erede della comicità verbale di Groucho Marx e in genere della tradizione del teatro leggero americano fatto di battute assurde e giochi di parole. Ha cominciato come cabarettista di successo, poi come autore di commedie di Broadway per poi passare alla regia cinematografica con Prendi i soldi e scappa. In quasi tutti i suoi film compare anche come attore, ciò dà un contributo decisivo alla riuscita comica delle sue pellicole. Anche il personaggio di Woody nasce nel contesto di un humour ebraico condito di atmosfere newyorkesi. Tipico anti-eroe egli è lo ‘shlemiel’ (che in yiddish significa sfortunato) della tradizione ‘yiddish’ facilmente rintracciabile in tanta narrativa contemporanea (si pensi a Philip Roth a Bruce Jay Friedman, etc..). Al fisico brutto, piccolo, impacciato, incapace di fronteggiare con successo qualunque situazione, fa riscontro la forza irresistibile di molte sue battute, che, sempre giocate sul paradosso, non restano solo come piacevole esercizio frammentario, ma lasciano piuttosto intravedere una vera e propria visione del mondo, dominata dal sesso e dalla morte: non per nulla Amore e morte è il titolo originale dell’italiano Amore e guerra (1971). Woody gioca allegramente e tristemente insieme con i generi classici del cinema americano: il gangster-film di Prendi i soldi e scappa; il film storico-passionale di Amore e guerra, la fantascienza de Il dormiglione, rivelando un forte amore pere il metalinguaggio e la critica del cinema. In questo suo film vediamo Woody Allen scatenato, quasi quasi volesse dimenticare le vicissitudini personali degli ultimi anni, staccandosi dai toni preoccupati che, da ultimo avevano investito il suo cinema. Sempre New York sullo sfondo e sempre, in primo piano, una coppia di intellettuali alle prese con un matrimonio logoratosi nel tempo e minacciato dai pretendenti di ambedue. Ma Allen pensa soprattutto a stringere in un nodo gags che gli vengono in mente a getto continuo, a costruire una commedia che snocciola a ritmo serrato episodi piacevolmente divertenti. Il film si presta a diverse letture. E’ un elegantissimo giallo-rosa, prima di tutto. Può considerarsi una satira della classe media della quale svela difetti e vizi. Contiene allusioni all’autobiografia del suo autore. E, infine, parla di cinema facendo cinema.
TWO MUCH (Id., 1996)
di FERNANDO TRUEBA
Fernando Trueba nel 1994 vince I’oscar per il miglior film straniero con Belle epoque e naturalmente il cinema americano lo chiama subito a lavorare li. Ottenuto il visto d’entrata ha firmato una commedia degli equivoci, anche nel titolo si
potrà dire. Così uno spagnolo si è inchinato alla classica commedia americana che tanta strada ha fatto nella storia del cinema, I’ha filtrata con una alta immediatezza ed il tocco del sex appeal latino del ‘Rodolfo Valentino’ di fine secolo. Il film sarà anche ricordato per la tanta cronaca rosa cui ha dato spunto. L’invenzione di un fratello gemello inventato ricalca il teatro di Plauto e Goldoni, è stata sfruttata in abbondanza nel cinema in chiave ora grave ora leggera. Qui obbligherà Banderas a inscenare la sua doppia identità senza essere scoperto dalle sue due conquiste. Il film suggella una tradizione tipicamente americana raccolta da un europeo emergente.
IL FAVOLOSO MONDO DI AMELIE (LE FABLEUX DESTIN DE AMELIE POULAN, 2001)
di JEAN-PIERRE JEUNET
La storia di una ragazza, Amelie Poulan, che scopre la vita e l’amore uscendo dal guscio dentro cui sembra prigioniera. Un film fatto di dettagli che racconta quanto siano belle le persone (non tutte, in verità) e i casi che legano tra loro gli eventi anche più lontani. Affresco di una città, Parigi, e di uno stile di vita libero in cui anche gli anziani continuano a sognare. Le piccole manie della protagonista diventano modi di assaporare il mondo e di farlo proprio, nell’attesa di poterlo condividere con l’anima gemella. Come in ogni commedia che si rispetti l’amore vince sempre. Il film è stato un enorme successo internazionale e ha lanciato l’attrice protagonista Audrey Tatou nell’olimpo delle ster internazionali.
Hollywood alla conquista del mondo. I generi classici
Indice
- Introduzione
- Breve storia del cinema di genere classico hollywoodiano
- Il noir
- La commedia
- L’horror
- La fantascienza
- Il western
- Il musical
Dottor Samuel “Sam” Loomis