I manifesti dei film di Federico Fellini
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Federico Fellini (Rimini, 20 gennaio 1920 – Roma, 31 ottobre 1993) è stato un regista, sceneggiatore, fumettista e scrittore italiano.
Il suo lungo sogno nel cinema italiano è durato quasi quarant’anni, dal 1952 al 1990, nei quali non solo è diventato uno dei più grandi registi italiani, ma ha consolidato il suo successo sulla scena internazionale, diventando una vera icona della storia del cinema. Padre riminese e madre romana, Fellini trascorre la giovinezza nella terra paterna, per poi trasferirsi a Roma con la famiglia nel ’39. L’amore per il cinema è precoce, così come quello per il disegno, che sfocia in caricature e vignette negli anni scolastici. Grande fonte d’ispirazione fu il disegnatore statunitense Winsor McCay e il suo celebre personaggio «Little Nemo». Giovanissimo, ottiene collaborazioni sporadiche con La Domenica del Corriere ed una più duratura con il settimanale politico-satirico Il 420. Iscritto con scarso successo alla facoltà di Giurisprudenza, il giocane Federico è in realtà intenzionato a seguire la carriera giornalistica. Diviene una delle firme di punta della principale rivista satirica italiana il Marc’Aurelio, dove come disegnatore satirico cura le “Storielle di Federico”, una rubrica vignettistica. In questo particolare periodo il suo principale referente è il disegnatore satirico e illustratore cinematografico, Enrico De Seta. Fellini entra così in contatto con una realtà molto più ampia giungendo a collaborare, grazie alla sua capacità di scrittore di gag e copioni, con Erminio Macario in alcuni suoi film e con Aldo Fabrizi, a cui scrive scrive le battute per i suoi spettacoli in teatro.
Nel 1941 inizia la collaborazione l’Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR) come autore radiofonico,
esordendo di fatto nel mondo dello spettacolo, firmando una novantina di copioni e di riviste radiofoniche, e la celebre serie di ventiquattro radioscene Cico e Pallina, andata in onda fra il 1942 e il 1943. Il ruolo di Cico viene affidato ad Angelo Zanobini, mentre Pallina è interpretata da una giovane attrice di rivista, Giulietta Masina. Sono anni di intense collaborazioni per le riviste di Ruggero Maccari, Paolo Poli, Riccardo Garrone, Gisella Sofio e Sandra Milo. La svolta di Fellini non è solo dal punto di vista lavorativo, ma anche sentimentale grazie all’incontro con Giulietta Masina, che sposa il 30 ottobre 1943. Questi sono anche i primi anni della sua attività come sceneggiatore per il cinema, firmando le sceneggiature dei film Quarta pagina di Nicola Manzari e di Avanti c’è posto… e Campo de’ fiori di Mario Bonnard.
Il sodalizio con l’artista Enrico De Seta si sviluppa dopo l’arrivo degli alleati a Roma nel ’44, dove i due aprono con il giornalista Guglielmo Guasta e i pittori Carlo Ludovico Bompiani e Fernando Della Rocca, una bottega “The funny face shop”, nella quale si dipingono caricature per i militari alleati. Grazie a questa particolare attività, Fellini entra in contatto con Roberto Rossellini. Da questo rapporto nasce la collaborazione alle sceneggiature di Roma città aperta e Paisà. In quest’ultimo film il suo ruolo è anche quello di assistente sul set, riuscendo anche a girare alcune scene di raccordo, debuttando così di fatto, dietro la macchina da presa. Altro fondamentale incontro è quello con lo scrittore teatrale Tullio Pinelli, con
il quale stringe un importante sodalizio professionale, che sfocia nella realizzazione da parte dello stesso Rossellini del soggetto da loro realizzato, e messo in scena ne Il miracolo, uno dei due episodi del film L’amore, dove Fellini è anche attore accanto ad Anna Magnani. Seguono poi le sceneggiature per Pietro Germi (In nome della legge, Il cammino della speranza, La città si difende) e con Alberto Lattuada (Il delitto di Giovanni Episcopo, Senza pietà e Il mulino del Po). Ed è proprio accanto a Lattuada che Fellini esordisce alla regia nel 1950, con Luci del varietà, di cui entrambi sono anche produttori. Il pessimo esito finanziario della pellicola lascia un segno pesante sui patrimoni personali dei due registi e ciò contribuisce a raffreddare definitivamente i rapporti tra i due. Nel 1952 invece debutta realmente alla regia, con la pellicola Lo sceicco bianco, il cui soggetto è firmato con Michelangelo Antonioni e la sceneggiatura con Ennio Flaiano, il tutto arricchito dall’interpretazione di Alberto Sordi e dalle musiche di Nino Rota, con il quale Fellini inizia una solida e proficua collaborazione, che si protrae per anni. Inizia da qui a prendere forma lo stile cinematografico di Fellini, estroso e onirico, punteggiato da umorismo e un velo di malinconia, portando in scena personaggi tipici del sogno popolare, riuscendo a smitizzare il divo presentandolo attraverso la luce del reale.
Con i Vitelloni lo sguardo del regista ritorna nella sua Rimini, riuscendo a raccontare il cambiamento sociale degli anni ’50 attraverso lo sguardo dei cinque protagonisti, racchiusi in un microcosmo di provincia. Il successo questa volta è inevitabile, tanto da conquistare il Leone d’argento alla Mostra del Cinema di Venezia e una candidatura all’Oscar per la scenografia firmata del regista stesso con Flaiano e Pinelli.
Nello stesso anno firma la regia di Agenzia matrimoniale che fa parte della pellicola L’amore in città, film a sei episodi diretti dai registi Michelangelo Antonioni, Alberto Lattuada, Carlo Lizzani, Francesco Maselli, Dino Risi e Cesare Zavattini
Il grande successo internazionale arriva con La strada, pellicola del 1954 presentata a Venezia e consacrata con l’Oscar come miglio film straniero. Con gli occhi di Gelsomina lo spettatoe vede il mondo reale confondersi con il mondo dello spettacolo del circo, che diviene sempre più metafora del racconto felliniano. L’anno successivo però i consensi verso il regista, trovano una battuta d’arresto con la realizzazione della pellicola Il bidone, per poi tornare prepotentemente con il film successivo, Le notti di Cabiria che consegna nelle mani del regista riminese il secondo Oscar. Questa pellicola conclude una sorta di trilogia ambientata nel mondo degli umili e degli emarginati inizia appunto con La strada. Il grande affresco iniziato da Fellini trova compimento ne La dolce vita, un film che compie uno stravolgimento degli schemi narrativi tradizionali, raccontando una Roma contemporanea, erotica e decadente, suscitando aspre critiche e scalpore sia nel pubblico che nella critica, presentando una gamma di mostri fascinosi che arricchiscono l’immaginario felliniano e che stregano il protagonista Marcello (Marcello Mastroianni) e lo accompagnano nel viaggio che sta compiendo per prendere coscienza di sé. La dolce vita è spesso definita come una sorte di spartiacque per il cinema italiano, divenendo nel contempo un prodotto della memoria collettiva (chi non ricorda la Ekberg e la Fontana di Trevi) e fonte inesauribile di ispirazione per le generazione cinematografiche future, tanto da influenzare e ispirare tutt’oggi i registi.
L’episodio Le tentazioni del dottor Antonio in Boccaccio ’70, primo film a colori del regista, è considerabile una sorta di prologo per 8½, pellicola che è un viaggio nell’inconscio e nella memoria e considerato uno dei massimi capolavori del cinema mondiale consacrato con il terzo premio Oscar nel 1964 come Miglior film straniero e quello per i migliori costumi a Piero Gherardi. Guido Anselmi interpretato è ancora una volta da Mastorianni, che diviene così a pieno titolo come alter-ego del regista. Con Giulietta degli spiriti (1965) ritorna protagonista Giulietta Masinae per la prima volta Fellini adotta il colore in funzione espressionistica e simbolica. Il film successivo già in cantiere Il Viaggio di G. Mastorna, non vedrà mai la realizzazione e costringe il regista a saldare pesanti penali. Torna al lavoro nel 1968con un episodio del film Tre passi nel delirio, l’anno seguente realizza un documentario per la televisione (Block-notes di un regista) e il film Fellini Satyricon (1969). All’inizio degli anni ’70 vede la luce una nuova trilogia, questa volta dedicata alla memoria, con le pellicole I clowns (girato per la TV, 1970), Roma (1972) e Amarcord (1973) che rispecchiano le tre città dell’anima il Circo, la Capitale e Rimini. Con Amarcord ritorna prepotentemente il lato auto-biografico del regista riminese, recuperando il ricordo, i sogni e i desideri di quell’Italia popolare uscita dal periodo fascista.
Con Casanova del 1976 torna a realizzare un film interamente nel “suo” teatro di posa, il n. 5 di Cinecittà, con costumi sontuosi e realisti che valsero il Premio Oscar nel 1977 a Danilo Donati.
Il suo film considerato il più politico, Prova d’orchestra, è realizzato nel 1979 nel pieno dei cosiddetti anni di piombo; segue nel ’80 La città delle donne dove si assiste ad un ritorno al mondo tipicamente felliniano.
L’ultimo decennio di attività di Fellini è arricchito dagli ultimi capolavori: E la nave va (1983), Ginger e Fred (1985) con ancora Mastroianni e la Masina, Intervista (1987), e il lavoro dell’addio al cinema La voce della luna (1990), liberamente tratto da Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni e interpretato dall’insolita coppia formata da Roberto Benigni e Paolo Villaggio Tutte le ultime opere sono pervase da una sorta di alone funereo, con i personaggi che diventano sempre più dei freak autonomi che alternano l’ebrezza dell’euforia all’angoscia del vuoto.
Dopo un periodo di inattività, nel 1992 ritorna dietro la cinepresa per dirigere tre brevi spot pubblicitari, mentre nel 1993 riceve il suo ultimo premio Oscar, questa volta dedicato alla sua incredibile carriera dopo il Leone d’oro già dedicatogli nel 1985 alla Mostra del Cinema di Venezia.
Federico Fellini grazie alla sua personalità prorompente, mutevole, tanto imprevedibile quanto creativa, ironica quanto malinconica, ha creato una stilistica cinematografica personalissima e immediatamente riconoscibile nella sua onirica visionarietà, tanto da creare dei veri e propri topoi entrati nella memoria collettiva internazionale, che ancora oggi sono punti di riferimento e che costituiscono un punto di confronto non solo cinematografico. Un vero maestro orchestratore di immagini e mondi dove immaginario e reale si confondono e si fondono.
(Chiara Merlo)
Guarda la mostra virtuale dei manifesti dei film di Federico Fellini:

















