Draghi, elfi e stregoni: una mostra virtuale sul cinema fantasy
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Non esiste atto più libero di quello della creazione. Inventare, costruire, immaginare qualche cosa laddove prima essa non c’era, plasmare e concretizzare nel mondo un’idea partorita esclusivamente dalla fantasia. E’ naturale quindi che, all’interno dei complessi generi in cui si articola la narrativa, il tema del fantastico sia quello forse in grado di catalizzare di più stupore e meraviglia: esso si fonda esplicitamente sul rendere verosimile ciò che non lo è affatto. Crea altri mondi e costruisce ponti per poterci arrivare. Tra tutti i differenti tipi di media attraverso i quali si é cercato di articolare storie fantastiche quello letterario è stato sicuramente il più fecondo per la sua natura intrinseca e, giocoforza, per il lunghissimo tempo da cui è affidabile strumento della dotazione umana. Il cinema però ha saputo rivaleggiarvi, imponendosi grazie alla sua imponente forza spettacolarizzante e creando un vasto corpus di opere attraverso le quali l’uomo, non solo è libero di immaginare ciò che si estende oltre i confini del reale, ma può finalmente vederlo in movimento davanti ai propri occhi. Questa mostra virtuale si propone di rendere conto delle caratteristiche fondative di questo tipo di cinema privilegiando, rispetto al più ampio genere fantastico, il fantasy in senso più stretto, attraverso una vasta serie di manifesti cinematografici orientati a metterne in luce peculiarità e segni distintivi.
Così come è impossibile assegnare limiti alla fantasia, è altrettanto difficile tracciare i contorni del cinema fantastico. Esso racchiude infatti molti sottogeneri (come fantascienza, horror, mitologico ecc) che variano al cambiare delle ambientazioni scelte come sfondo della vicenda, delle tematiche trattate, o perfino delle caratteristiche stilistiche e formali dell’opera stessa. Il fantasy si contraddistingue rispetto agli altri sottogeneri per la spiccata propensione alla creazione di mondi immaginari o alternativi nei quali ambientare le proprie storie, ma anche per la presenza all’interno di esse di elementi magici e creature fantastiche, o ancora per gli onnipresenti elementi fiabeschi. Queste sono anche le linee guida alle quali ci siamo attenuti nella scelta dei film qui selezionati.
Si parlava del fiabesco e dei suoi elementi, ma anche dell’iter classico che contraddistingue la maggior parte delle storie fantasy, ispirato per l’appunto alla costruzione narrativa classica della fiaba. Sotto questo prospetto il primo film di cui possiamo occuparci è indubbiamente Il mago di Oz (Victor Fleming, 1939). L’opera con cui Fleming riproduce, con gli sfarzosi colori del Technicolor, in immagini il romanzo di L. Frank Baum può dirsi un concentrato degli elementi sopra descritti: la piccola Dorothy si ritrova catapultata dal Kansas direttamente in un fantastico mondo popolato da streghe, gnomi e fantastiche creature di ogni genere; per ritornare a casa dovrà raggiungere il castello del potente mago di Oz, sulla strada per raggiungere il quale si imbatterà in alcuni buffi personaggi che si offriranno di aiutarla. La stessa struttura è ricalcata ben sessantasei anni dopo dal film Le cronache di Narnia – Il leone, la strega e l’armadio (Andrew Adamson, 2005), tratto dall’opera letteraria di C. S. Lewis, nel quale un gruppo di ragazzi finiti per errore nel magico mondo di Narnia si ritrovano loro malgrado coinvolti nella lotta contro la malvagia Strega Bianca. Portali mistici dunque, soglie di confine tra il nostro mondo e altri universi popolati da creature misteriose, di volta in volta concretizzati in un armadio, in un libro o, più direttamente, nell’accesso al sogno: Labyrinth (Jim Henson, 1986) e La storia infinita (Wolfgang Petersen, 1984) sono altri due film di successo ascrivibili a questo filone. Sempre parlando di fiabe un caso interessante è rappresentato dall’iconico Guerre Stellari (George Lucas, 1977), il quale si pone a metà strada tra due generi, sfoggiando indiscusse connotazioni fantascientifiche ma aderendo profondamente alla struttura classica del genere fiabesco e mettendone in atto ogni funzione narrativa: principesse da salvare, eroici cavalieri (jedi), un grande impero amministrato da un signore oscuro, coraggiosi aiutanti, il tutto preso di peso e trasportato direttamente dai manieri medievali allo spazio più profondo.
Un’altra fonte inesauribile di materiale per il cinema fantastico proviene indubbiamente dalla mitologia. Nella fattispecie il ciclo arturiano ha dato il via a una lunga serie di adattamenti cinematografici tra i quali spiccano Excalibur (John Boorman, 1981), lunga epopea che mira ad essere quanto più rigorosa possibile sul piano filologico, e Il primo cavaliere (Jerry Zucker, 1995) avventura dai toni più leggeri che non rinuncia a qualche tocco in salsa melodrammatica. Altro grande contenitore è quello della mitologia nordica, carico di figure archetipiche e rappresentative come giganti, ciclopi, mostri marini e potenti divinità. La leggenda di Beowulf (Robert Zemeckis, 2007) si presenta come un racconto fedele dell’opera omonima da cui è tratto, ponendosi come opera innovativa dal punto di vista tecnico, e sottolineando attraverso la trama gli aspetti più tipici e i sapori delle saghe scandinave, come la mascolinità guerriera e l’epica furiosa delle battaglie. Nella stessa ottica potremmo inquadrare un vero e proprio classico del genere, Conan il barbaro (John Milius, 1981) che, nonostante sia ambientato tra le tribù dei cimmeri in Mongolia, ricalca perfettamente gli stereotipi derivanti dalla mitologia eroica nordica. Il viaggio che il guerriero Conan è destinato a compiere per onorare il dio dell’acciaio Crom lo condurrà, attraverso varie tappe, a liberarsi dallo stato di insensibile barbarie, per giungere, anche grazie al supporto di numerosi alleati, fino alla liberazione di un grande regno da una malvagia teocrazia guerriera. I campi lunghi, i tempi dilatati, la mimica inespressiva dell’eroe interpretato per la prima volta dal (quasi) debuttante Arnold Schwarzenegger, uniti all’imponente colonna sonora composta da Basil Poledouris, fanno di questo film una pietra miliare nella storia del cinema fantasy.
Un altro vero e proprio punto di non ritorno all’interno del genere è segnato dall’uscita in sala, all’inizio del nuovo millennio, della trilogia de Il signore degli anelli firmata da Peter Jackson, adattamento cinematografico della monumentale opera letteraria di J.R.R. Tolkien. Questo trittico di film usciti a breve distanza l’uno dall’altro si pone come innovativo sotto molteplici punti di vista, tra cui l’articolazione di una narrazione unitaria in più pellicole differenti, la canonizzazione iconografica di numerosi archetipi razziali inerenti al fantasy, e un’inedita, epocale concezione degli scontri armati e delle battaglie campali, rappresentate per la prima volta su scala così vasta.
Tra le creature fantastiche di ogni genere che hanno svolto ruoli da protagonista nei film fantastici spiccano gli elfi di Legend (Ridley Scott, 1985), i gelfling di Dark Crystal (Jim Henson, 1982), i simpatici hobbit de Il signore degli anelli (Peter Jackson, 2001) e i giganti de L’ammazzagiganti (Nathan Juran, 1962), ma nessuna bestia magica susciterà mai tanto stupore e tanta meravigliata attesa quanto i draghi sputa fuoco. Le lucertole alate sono infatti l’animale che per eccellenza corrisponde al fantastico e sono stati protagonisti di numerose opere per il grande schermo: a partire da Dragonheart (Rob Coen, 1996), film rivoluzionario per il dispiegamento di effetti speciali messi in atto, tra cui una delle prime sperimentazioni con il motion-capture che consentì di donare al drago protagonista del film, non solo la voce di Sean Connery, ma perfino la sua mimica facciale. Seguono il film Dungeons & Dragons – Che il gioco abbia inizio (Curtney Solomon, 2000) sfortunata traduzione cinematografica ispirata al celebre omonimo gioco da tavolo, e l’interessante Il regno del fuoco (Rob S. Bowman, 2002) che traspone il mito del drago in chiave post-apocalittica.
Recentemente, accanto a quella letteraria, un’altra fonte privilegiata per le trasposizioni fantasy si è rivelata essere quella videoludica. Sempre più numerosi sono infatti i film che prendono spunto da videogiochi di successo per articolare narrazioni dal tema fantastico. A titolo di esempio si possono citare In the name of the King (Uwe Boll, 2007), che non ha mancato di suscitare numerose proteste tra gli appassionati del videogioco di origine a causa delle aspettative disattese rispetto all’attinenza con la trama originale, e il recente Warcraft – L’inizio (Duncan Jones, 2016).
Nella sezione che segue è raccolta una selezione di manifesti inerenti al cinema fantasy, nella quale sono presenti i film citati e molti altri e nelle cui didascalie sono approfonditi i nuclei tematici sopra accennati.
(Federico Colombo)











