I dinosauri nel cinema: da fantastica attrazione a modello di confronto
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Da sempre i dinosauri hanno stimolato la fantasia e l’immaginazione di adulti e bambini. Il cinema, grazie alla sua potente forza spettacolarizzante, si è dimostrata l’arte più adatta a riprodurre un immaginario che li vede protagonisti, attraverso la creazione di un corpus di pellicole che percorre quasi l’intera storia del mezzo cinematografico. La mostra che segue si propone di analizzare il cinema dei dinosauri nelle sue specificità stilistiche, ravvisabili soprattutto nell’evoluzione degli effetti speciali, e allegoriche, al fine di mostrare come il simbolismo riconducibile ai nostri mastodontici antenati si sia fatto sempre più complesso e stratificato nell’arco di più di cento anni.
Il primo dinosauro a fare la comparsa sul grande schermo è Gertie (Winsor McCay, 1914). In questo celebre cortometraggio il fumettista McCay compare come protagonista e stupisce gli amici ammaestrando un riluttante Brontosauro. La tecnica di realizzazione è quella del disegno animato e la figura del dinosauro svolge sostanzialmente quella di un’attrazione messa in scena per stupire un pubblico che, all’inizio degli anni ’10, era ancora poco avvezzo alle spettacolarizzanti possibilità della settima arte.
Dopo la simpatica Gertie, si dovranno attendere ben altri undici anni per vedere un dinosauro sul grande schermo, ma l’attesa è sicuramente ben ripagata: Harry Hoyt porta infatti nel 1925 sul grande schermo Il mondo perduto, un adattamento dell’omonimo romanzo di Arthur C. Doyle. In questo film seminale il pubblico può finalmente assistere al movimento dei dinosauri “dal vivo” che, grazie ai trucchi dell’effettista Willis O’Brien, sembrano muoversi proprio a fianco degli attori stessi. Il film sarà d’ispirazione per ogni film sull’argomento a venire, venendo ripetutamente omaggiato e citato in numerosissime pellicole. Sarà sempre Willis O’Brien a firmare gli effetti speciali di un altro kolossal che compone un tassello importante nella filmografia sui grandi rettili, ovvero King Kong (Merian C. Cooper, Ernst Schoedsack, 1933). Nonostante i dinosauri non siano propriamente i protagonisti di questo lungometraggio essi vi rivestono comunque un ruolo importante e l’epico scontro tra il gorilla Kong e il T-Rex rimane tra i momenti più salienti della pellicola e più attesi in ogni remake di essa. Notiamo inoltre in questo film i primi sottotesti simbolici, grazie al bipolarismo dicotomico che viene istituito tra l’isola del Teschio, i cui abitanti sono per l’appunto oltre agli indigeni i dinosauri, e Los Angeles, l’una mondo ancestrale e incontaminato, l’altra metropoli di esclusivo appannaggio dell’uomo e dalla quale ogni elemento naturale è stato eliminato.
Mentre fino agli anni ’30 i dinosauri erano stati rappresentati, se non attraverso disegni animati, con la tecnica dello stop-motion, con gli anni ’40 cominciamo ad assistere ad altri tipi di trucchi o stratagemmi, alle volte davvero ingegnosi. In film come Sul sentiero dei mostri (Hal Roach, 1940) e Viaggio al centro della terra (Henry Levin, 1959) il ruolo dei dinosauri era attribuito ad animali (prevalentemente rettili come iguane o alligatori) cui erano applicate protesi o creste per renderli loro più simili.
Deviamo un poco dalla narrazione relativa al cinema americano per accostarci un attimo al Giappone, dove nel 1954 vediamo sorgere Godzilla, un lungometraggio firmato da Ishiro Honda, concepito come B-movie ma destinato a fama imperitura. Il protagonista del film è un dinosauro ibrido e mutato, garante dell’ordine naturale emerso da un passato che affonda le radici nella genesi stessa del pianeta. In questa pellicola il significato simbolico attribuito ai dinosauri e caricato di connotazioni ecologiste, che lo contrappongono sempre più all’essere umano come entità che invece rischia di distruggere quella natura di cui i rettili preistorici sono considerati interpreti.
Un’ulteriore filo a doppio nodo che lega i dinosauri alla rappresentazione archetipica dell’ordine naturale è illustrato dal film documentario Il mondo è meraviglioso (Irwin Allen, 1956), che mira ad essere un compendio di natura enciclopedica sulle immagini relative alla vita animale sul pianeta Terra. Dato l’obbiettivo preposto Allen parte con la sua rappresentazione proprio dai dinosauri, i quali vengono realizzati nuovamente dal maestro della tecnica del pass- uno Willis O’Brien e ritratti fulgidamente per la prima volta dal cinema a colori.
Nei successivi trent’anni i film a tema per il grande schermo sono per lo più pellicole di serie B, che non fanno ulteriori passi avanti per quanto riguarda l’evoluzione stilistica degli effetti speciali né tanto meno per quanto riguarda i contenuti simbolici, come ad esempio La vendetta di Gwangi (James O’Connoly, 1969) o Quando i dinosauri si mordevano la coda (Val Guest, 1970).
Per il successivo punto di non ritorno in questo tipo di cinema dobbiamo aspettare il 1993, con l’uscita nelle sale cinematografiche del capolavoro di Steven Spielberg, Jurassic Park. Il film, che rappresenta con tutta probabilità lo zenit della parabola tracciata dal cinema sui dinosauri, presenta infatti il grado massimo di attinenza scientifica (sebbene alcuni espedienti narrativi siano di per sé fantasiosi e contraddetti dalle moderne teorie). Inoltre gli animatronix di Stan Winston, enormi robot per la costruzione dei quali si era fatto riferimento a un consulto di paleontologi, interagiscono con le allora nascenti tecnologie digitali per un effetto di realismo ancora oggi ineguagliato. Il dinosauro acquista qui un valore allegorico determinante inserendosi nell’eterna lotta tra uomo e natura schierato dalla parte di quest’ultima, al fine di proteggere l’ordine naturale dall’essere umano che pare essere deciso a violarla attraverso la sua prometeica ambizione di ricreare la vita.
Tra le orde di sequel e imitazioni che fecero seguito al film di Spielberg merita una particolare menzione ai fini del nostro discorso il recentissimo Jurassic World (Colin Trevorrow, 2015). In questa pellicola il parco di divertimenti diventa metafora per esprimere un giudizio sul cinema stesso: un cinema davanti alla cui spettacolarità lo spettatore sembra essersi assuefatto. I dinosauri cessano quindi di suscitare interesse in quanto tale; bisogna dunque esasperare le campagne pubblicitarie o addirittura ricorrere a modificazioni genetiche degli stessi dinosauri, al fine di riguadagnarsi l’interesse di un pubblico sempre più abituato alle novità. Possiamo quindi forse desumerne che la parabola di questo genere si sia esaurita, che il richiamo ai giganti del passato non basti più suscitare quella fascinazione sempre più spasmodicamente ricercata dallo spettatore moderno?
Nella selezione di manifesti che segue si trovano tutte le locandine dei film citati fino ad ora più alcune altre relative al cinema dei dinosauri.














