Io confesso (I Confess, 1953-A. Hitchcock)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Luigi Martinati crea un’immagine carica di drammaticità ponendo al centro della scena un uomo inposizione eretta e sopraelevata rispetto alla figura femminile, inserita inposizione orizzontale letteralmente prostrata ai suoi piedi, aggrappata al braccio di lui, la testa riversa al suolo con la fluente chioma a fare da quinta al viso, nascondendolo completamente agli occhi del fruitore. L’intera scena, semplicissima nella sua composizione, è totalmente giocata sulla gestualità delle due figure, che veicolano i sentimenti dei personaggi. Così tutta la disperazione trasmessa dalla comportamento non verbale della donna fa da contrappunto alla rigida fissità dell’uomo, sconvolto e impietrito, creando così un’immagine che dal punto di vista narrativo trasmette una storia ben chiara. Anche l’abbigliamento racconta molto dei due personaggi, lui elegante e stoico in un completo marrone, lei estremamente sensuale in un vestito trasparente e impalpabile. L’eleganza contraddistingue le creazioni di Martinati e anche questa illustrazione ne è un esempio grazie alla creazione di un immagine ben dosata nella contrapposizione delle linee, quella verticale di lui e orizzontale quella di lei, ed evidenziata dalla scelta di utilizzare una gamma cromatica ricca di rimandi, come i colori scelti per l’abbigliamento dei due personaggi che sono en pendant, e la scelta di utilizzare uno sfumato etereo per lo sfondo, che si accompagna al medesimo colore utilizzato per la parte dei crediti, inserita sotto il logo della Warner Bros. e che occupa gran parte dello spazio bianco lasciato libero dall’immagine.
La pellicola di Hitchcock non fu particolarmente apprezzata dal pubblico e dalla critica, lo stesso regista non fu particolarmente soddisfatto del risultato ottenuto, nonostante l’indubbia maestria nel racconto filmico che non viene però esaltato da una sceneggiatura che affronta temi molto complicati, tanto da spingere lo stesso Hitchcock a dichiarare a François Truffaut nel volume “Il cinema secondo Hitchcock”, che “in effetti, non bisognava girarlo”.
Luigi Martinati (Firenze, 1893 – Roma 1983) Allievo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, si dedica immediatamente all’illustrazione pubblicitaria tra il 1923 e il 1941, creando numerosi manifesti dedicati alla pubblicità commerciale e al turismo. Ha lavorato a Roma come direttore artistico dell’IGAP (General Billboard Advertising Company); nel dopo la guerra abbandona l’industria pubblicitaria per dedicarsi esclusivamente alla cartellonistica per il cinema, creando con Anselmo Ballester e Alfredo Capitani, lo studio BCM da cui provengono molti manifesti tra i più famosi.