Buon compleanno Nanni! Caro diario (1993-N. Moretti)
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La pellicola è composta da tre episodi in ben distinti In Vespa, Le isole, Medicidove Moretti interpreta se stesso, abbandonando (oppure ricongiunto) per la prima volta l’alter ego Michele Apicella. Il racconto filmico avviene, come suggerito dal titolo stesso, come se fosse una sorta di diario aperto, in cui il regista racconta dapprima una Roma estiva e quasi deserta, lontana dall’immagine filmica tipica della Città Eterna, presentando quartieri cinematograficamente poco sfruttati, ma resi in tutta la loro malinconica bellezza grazie a un incessante movimento, rappresentato sia dalla Vespa che da carrellate laterali particolarmente evocative, dalla Garbatella sino a Spinaceto, accompagnati da una riflessione personale che spazia dalla critica cinematografia all’urbanistica, giungendo sino ad Ostia, in un omaggio nostalgico a Pier Paolo Pasolini nel luogo della sua uccisione.
Nel secondo episodio il concetto del viaggio è ancora ben presente, con lo spostamento di Moretti tra un’isola e l’altra delle Eolie, alla ricerca di una pace e una tranquillità che in realtà il flusso turistico (e la nuova mania per la televisione che pervade l’amico che lo accompagna) non concede di ritrovare. L’ultimo episodio raccoglie la testimonianza più intima di Moretti, con il racconto (in parte filmato dal reale) dell’odissea vissuta dal regista, costretto ad un vero e proprio pellegrinaggio tra vari medici, per riuscire ad avere una diagnosi, e una successiva cura, per il linfoma che lo ha colpito.
Il film, vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes 1994, è un film in movimento e sul movimento, come la vespa che si aggira per Roma, come la barca che conduce da un’isola all’altra e come l’incessante ricerca di risposte tra un medico e l’altro. Il manifesto scelto per la promozione, accompagna questa (apparente) semplicità e leggerezza, veicolata grazie all’intimità della pellicola, proponendo un disegno molto semplice, ovvero il regista di spalle a cavallo della sua Vespa, che si ricollega filmicamente al primo episodio, ma che nel contempo evoca appunto quel movimento incessante che è il filo che ricongiunge e lega tutti e tre gli episodi. Un’immagine che nella sua semplicità, sia di tratto che di è diventata, nel corso degli anni, una vera e propria icona del cinema morettiano, anche grazie alla variante con e senza il figlio Pietro, utilizzata come simbolo della casa cinematografica del regista, la Sacher Film. Attraverso il personalissimo sguardo del regista, il pensiero, il proprio vissuto e il frammento di un sentimento diventano racconto filmico e nel contempo la scrittura cinematografica si fa racconto privato in cui, per esempio, la città che scorre davanti allo spettatore non è solo contesto scenografico ma è a tutti gli effetti protagonista, non una Roma edulcorata per attrarre i turisti, ma una città vera, decadente e personale. Un racconto intimo leggero, profondo e quasi impalpabile , che veicola l’esigenza di guardare, ascoltare, riappropriarsi della città, del proprio tempo e della vita stessa.
Chiara Merlo