Blow-Up (M. Antonioni 1966)
/?php get_template_part('parts/single-author-date'); ?>Thomas fotografo talentuoso e affascinante, in bilico tra il mondo glamour della moda ed il suo personale racconto del disagio nei quartieri londinesi, scopre un terribile episodio utilizzando la tecnica del blow-up, ovvero sviluppando ingrandimenti sempre maggiori di alcune delle sue fotografie, una sorta di zoomata moderna. Il manifesto tra i più famosi e citati nel cinema è un vero e proprio fermo immagine della pellicola e al contrario di ciò che spesso accadeva con i manifesti derivati da bozzetti, realizzati dai grandi artisti illustratori, non racconta in breve la trama del film, ma si focalizza su un solo particolare della storia narrata. La scena riproposta è quella del cosiddetto “ amplesso fotografico” tra il fotografo e la modella Verushka: lo sguardo dell’artista che, mediato dalla macchina fotografica, immortala la bellezza, l’avvenenza, la sensualità e la modernità.
Quest’immagine divenuta nel corso degli anni una vera e propria icona, con la sua immediatezza intriga lo spettatore e lo cattura. Lo sfondo scelto per il manifesto, in contrasto con il nero dei crediti e il bianco del titolo, è di un rosso acceso: rosso come la passione, l’eccitazione e la sensualità, ma anche come il sangue. Questa scelta cromatica fa risaltare ancora di più l’immagine, per la quale è stato scelto un bianco e nero ed essendo l’unico elemento presente, diventa così il centro focale per l’attenzione dello spettatore.
Vincitore di molti premi, tra i quali Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes del 1967 e il Nastro d’Argento, fu molto apprezzato a livello internazionale, tanto da rimanere l’immaginario collettivo ed essere così citato nelle opere di alcuni grandi registi: due su tutti, Stanley Kubrick e Brian De Palma.
Blow-Up è considerato il film della svolta di Antonioni dallo“sguardo critico” alla sua “critica dello sguardo”, racconta l’incapacità di distinguere tra realtà e finzione, avventura lo spettatore in una ricerca della verità attraverso lo sguardo del protagonista, che però si rivela completamente incapace allo scopo. Questa verità rimane tangibile solo se confinata all’interno della fotografia; una verità che si scontra con la realtà e rimane sfuggente ed enigmatica, in un presente dove la rappresentazione stessa prende il posto della realtà, rispecchiando così coerentemente l’estetica e la poetica di Michelangelo Antonioni.
(Chiara Merlo)