Questa mostra racconta attraverso le illustrazioni pubblicitarie dei manifesti cinematografici realizzati nel periodo che va dall’immediato secondo dopoguerra ai primi anni settanta, le trasformazioni dell’identità maschile, femminile e di coppia. In questi anni, infatti, come sostiene
Amori di carta
Visita la Mostra Virtuale
(Alberto Lattuada, 1948)
Illustrazione di Averardo Ciriello
La rappresentazione dell’uomo forte e aggressivo nell’atto di difendere la donna inginocchiata ai suoi piedi con l’uso di un’arma da fuoco, richiama un modello di virilità ereditato dal cinema di ambiente militare fascista in cui l’uomo si fa portavoce di ideali bellici e in cui la donna occupa un ruolo subalterno. Si tratta di uno stereotipo destinato a scomparire dai manifesti cinematografici, non costituendo più un elemento di richiamo per il pubblico.
Senza pietà
(Pietro Germi, 1948)
Illustrazione di Carlantonio Longi
Nella rappresentazione della fisicità maschile che sovrasta in altezza quella femminile e nel rapporto di sguardi in cui a quello supplichevole della donna si oppone quello duro e severo dell’uomo si legge un evidente sbilanciamento dei rapporti di forza della coppia. Questa egemonia entrerà presto in crisi a causa dei processi di modernizzazione che chiuderanno definitivamente la fase virilista del ventennio precedente e la rappresentazione più frequente sarà presto quella di un uomo “dominato” dalla donna.
Gioventù perduta
(Giorgio Bianchi, 1951)
Illustrazione di Enrico De Seta
Alcuni dei riti della seduzione sono caricaturizzati in questa ironica illustrazione di Enrico De Seta in cui un uomo elegante è inginocchiato di fronte ad una donna a cui dona dei fiori, nella seconda tre figure lottano tra loro per conquistare la provocante donna in abito rosso che occupa il primo piano del manifesto.
Amore non ho! Però, però…
(Mario Mattoli, 1951)
Illustrazione di Enrico De Seta
In questo manifesto l’effetto comico è ottenuto lavorando sulle dimensioni dei personaggi in un processo di ribaltamento degli stereotipi iconografici in cui è l’uomo ad occupare lo spazio maggiore dell’illustrazione e a prevalere fisicamente sulla donna.
Il padrone del vapore
(Mario Mattoli, 1950)
Illustrazione di Carlantonio Longi
Il nudo maschile è quasi del tutto assente dalle illustrazioni pubblicitarie per il cinema. In particolare non è ammissibile – pena la censura – la rappresentazione di un corpo maschile e di uno femminile nudi uno accanto all’altro. Questo tipo di illustrazione è possibile solo a patto che sia giustificata da un contesto comico o storico, che il rapporto tra i due personaggi non abbia connotazioni erotiche, oppure che la fisicità maschile sia scarsamente virile.
Adamo ed Eva
(Mario Camerini, 1954)
Illustrazione di Dante Manno
La rappresentazione del corpo muscoloso e atletico trova spazio nel peplum, un genere cinematografico ambientato nell’antichità classica e caratterizzato dalla presenza di uomini forti come Maciste, Ercole, Ursus e altri ancora. Questo genere, che vanta prestigiose origini nel periodo del muto, vive tra gli anni cinquanta e sessanta un nuovo successo.
Ulisse
(Umberto Lenzi, 1964)
Illustrazione di Averardo Ciriello
In questi film la virilità maschile è trattata con estrema serietà e vi si respira l’idea di un rapporto direttamente proporzionale tra la potenza muscolare e il potere, tra l’abilità nella lotta e il profilo morale, tra la forza e la capacità di seduzione, di conquista e di controllo sull’altro sesso.
I pirati della Malesia
(Luigi Filippo D’amico, 1973)
Illustrazione di Mos
La commedia italiana del dopoguerra costruisce parte della la propria comicità sul ribaltamento degli stereotipi che definiscono l’identità maschile, in particolare quelli legati ad una corporeità forte e virile che si lega strettamente all’idea maschilista di una presunta superiorità dell’uomo sulla donna.
Amore e ginnastica
(Luigi Comencini, 1954)
Fotobusta a composizione fotografica
La caricatura dell’uomo che insegue faticosamente un modello di fisicità irraggiungibile e la sua competizione con la donna per mantenere tale primato costituisce un forte elemento di valorizzazione comica del film.
Pane amore e gelosia
(Roberto Savarese, 1951)
Illustrazione di A, Majorana
Mamma mia che impressione
(Aldo Fabrizi, 1952)
Illustrazione di Carlantonio Longi
In questo manifesto si ironizza sulla mascolinità attraverso la caricatura femminilizzata del protagonista del film Aldo Fabrizi il quale, ipnotizzato, veste i panni di alcune figure femminili che lo opprimono nella vita, ovvero la moglie e la figlia. L’uomo, travestito da donna, rinuncia così inconsapevolmente alla propria mascolinità dando vita a situazioni comiche. Ogni traccia di femminilizzazione maschile e l’omosessualità in particolare, saranno esclusi dai manifesti almeno fino alla prima metà degli anni settanta
Papà diventa mamma
(Mauro Morassi, 1957)
Illustrazione di Carlantonio Longi
In questa illustrazione la virilità del soggetto maschile è messa in ridicolo dall’atteggiamento materno delle due figure femminili e rafforzato dalla presenza di un biberon. L’elemento di richiamo esibito dal manifesto è dunque il problema del rapporto contraddittorio delle nuove generazioni tra la tendenza a restare legati alla famiglia e il desiderio di maggiore indipendenza. E’ dalla tensione tra questi due atteggiamenti che scaturiscono situazioni comiche e grottesche.
Il cocco di mamma
(Turi Vasile, 1957)
Illustrazione di Arnaldo Putzu
Lo stereotipo dell’uomo detentore dei principi e dei valori della disciplina, dell’ordine, della forza e dell’eroismo, simbolicamente rappresentati dalla divisa militare, è messo in crisi dal passaggio di una donna in abito rosso. Ogni principio sembra essere messo in discussione nel rapporto con l’altro sesso: il modello di un’identità maschile salda e tutta d’un pezzo crolla di fronte al corpo femminile.
Classe di ferro
(Dino Risi, 1956)
Illustrazione di Arnaldo Putzu
In questo manifesto il corpo maschile scompare simbolicamente lasciando spazio a quello “formoso” ed erotico femminile. Il illustrazione di Putzu venne accusato di immoralità sia da alcuni quotidiani di sinistra sia dal Vaticano a dimostrazione di quanto lo sguardo della società italiana del periodo fosse ancora fortemente “imbarazzato” di fronte ad una rappresentazione così esplicita del corpo femminile.
Poveri ma belli
(Luigi Comencini, 1957)
Illustrazione anonimo
L’uomo ridefinisce la propria identità sulla base di queste trasformazioni sociali e culturali. Si impongono nuovi modelli di comportamento, nuovi luoghi di socializzazione, nuove abitudini e un modo diverso di gestire il tempo libero. Quando l’adeguamento a queste trasformazioni avviene senza traumi e viene vissuto come una risorsa il corpo maschile appare, come in queste illustrazioni, attivo, sano e disinvolto.
Mariti in città
(Mauro Bolognini, 1959)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Il giovanilismo, la moda, il desiderio di sentirsi al passo con i tempi, lo sguardo rivolto ad uno stile di vita moderno, la voglia di libertà e di emancipazione, i nuovi modi di gestire i rapporti di coppia, la messa in discussione del vincolo matrimoniale sono solo alcuni degli elementi che appaiono nelle illustrazioni pubblicitarie.
La notte brava
(Gianni Franciolini, 1955)
Illustrazione di Enrico De Seta
Racconti romani
(Dino Risi, 1962)
Illustrazione di Mauro Innocenti
Gli aspetti dell’identità maschile vengono spesso associati alla tecnologia e all’automobile nello specifico. L’automobile appare come un attributo specificatamente maschile, in grado di indicare emancipazione, modernità, ricchezza e riconoscimento sociale.
Il sorpasso
(Ettore Scola, 1963)
Illustrazione di Sandro Simeoni
L’uomo di successo, caratterizzato da dinamismo, fascino, competenze tecniche, uso di nuovi prodotti e di moderni beni di consumo è spesso interpretato nel cinema italiano da Vittorio Gassman, il cui corpo slanciato, la voce profonda, lo sguardo penetrante, la scaltrezza e l’eleganza rimandano ad un modello di mascolinità e virilità più tradizionale.
Parliamo di donne
(Vittorio Sala, 1959)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Spess il cinema ironizza su questo modello di uomo sicuro di sé, come nel caso del film Costa Azzurra, in cui Alberto Sordi interpreta una caricatura dell’uomo seducente, virile e macho.
Costa azzurra
(Pasquale Festa Campanile, 1968)
Illustrazione anonimo
I nuovi rapporti di coppia che, sulla spinta dell’emancipazione femminile, non appaiono più fondati sul predominio maschile ma su una reciproca comprensione o, addirittura, sul loro ribaltamento, divengono alcuni dei temi più diffusi nella commedia italiana degli anni sessanta. Nella finzione cinematografica, molto più che nella realtà, le donne acquistano indipendenza dal marito, gestiscono l’economia domestica e mantengono un diritto assoluto sull’educazione dei figli.
La matriarca
(Alberto Lattuada, 1970)
Illustrazione di Mos
Di fronte all'emancipazione femminile l’uomo appare passivo e, mentre il corpo femminile si modella su stereotipi di una fisicità bella e provocante, quello maschile perde progressivamente di virilità, mentre i volti appaiono sconvolti e stralunati.
Venga a prendere il caffè da noi
(Pasquale Festa Campanile, 1966)
Illustrazione di Mauro Innocenti
La condivisione dei medesimi diritti e doveri coinvolge anche il delicato problema dell’adulterio femminile, questione affrontata nel film e ben rappresentata nel “simmetrico” manifesto di Maro. Bisognerà aspettare il 1968 perchè una sentenza dichiari illegittima la disparità secondo la quale l’adulterio femminile sarebbe più grave del tradimento maschile.
Adulterio all'italiana
(Pietro Germi, 1961)
Illustrazione di Averardo Ciriello
Nell’illustrazione di Ciriello per Divorzio all’italiana è l’uomo del sud, dai tratti stereotipati e con una pistola in mano, a difendere la tradizione minacciata dall’avanzare di profonde trasformazioni sociali.
Divorzio all'italiana
(Gian Luigi Polidoro, 1965)
Illustrazione di Sandro Simeoni
La diffusione dei beni di consumo porta ad una nuova definizione dell’identità maschile e del rapporto uomo-donna. Questa illustrazione tematizza e riassume con efficacia questa situazione in cui l’uomo “femminilizzato” che porta i pacchi regalo e la borsa della spesa ha un aspetto passivo e immobile. Alla sua immobilità e al suo sguardo impacciato si contrappone, invece, una donna attiva e sicura che cammina verso la città.
Una moglie americana
(Luciano Salce, 1971)
Illustrazione anonimo
I diritti rivendicati dalla donne fin dagli anni cinquanta per una vita più comoda e agiata e per l’accesso ai beni di lusso, è ben metaforizzata in queste illustrazioni in cui la donna – detentrice del bene economico comune – veste i panni di una donna che, sesso forte della coppia, convince il proprio uomo a fare tutto ciò che vuole.
Il provinciale
(Pasquale Festa Campanile, 1976)
Illustrazione di Averardo Ciriello
Nel momento in cui l’uomo avverte un disagio e riconosce una minaccia alla propria identità il corpo appare goffo, impaccato, sgraziato, ridicolo e decisamente comico.
Dimmi che fai tutto per me
(Alberto Lattuada, 1973)
Illustrazione di Renato Casaro
Il lavoro, la vita sociale e quella coniugale – ambiti in cui per anni i ruoli e le dinamiche sembravano essere consolidati – sono ora complicati dalla profonde trasformazioni in atto. Lo sguardo dei personaggi maschile, come ben evidenziano le illustrazioni dei due manifesti, si fa attonito, sorpreso e istupidito.
Sono stato io
(Franco Brusati, 1973)
Illustrazione di Mos
La commedia italiana si fa sempre più amara e i miti rincorsi della ricchezza, del successo e del sesso si rivelano falsi e inconsistenti. Le conseguenze sono la delusione, l’umiliazione e la difficoltà ad orientarsi nel mondo, questioni raccontate in diversi film in cui il protagonista maschile soffre di una nuova forma di malessere.
Pane e cioccolata
(Franco Monteduro, 1966)
Illustrazione di Giuliano Nistri
Il cinema italiano racconta con toni ironici e spesso critici come l’adeguamento ai tempi e alle mode – in particolare quelle provenienti d’oltre Oceano – significhi accettare i processi di cambiamento della propria identità. La musica rock, i capelli lunghi, i vestiti trasandati, l’esibita omossesualità sono solo alcuni dei tratti che definiscono un nuovo tipo di mascolinità.
La battaglia dei Mods
(Luigi Zampa, 1970)
Illustrazione di Ercole Brini
Contestazione generale
(Pupi Avati, 1976)
Illustrazione di Averardo Ciriello
L’omosessualità inizia ad apparire velatamente anche sui manifesti cinematografici come nelle illustrazioni per i film Contestazione generale (Luigi Zampa, 1970) e Bordella.
Bordella
(Alberto Sordi, 1976)
Illustrazione di Renato Casaro
L’altro lato della modernizzazione e del consumismo è la perdita di riferimenti e l’acuirsi di sentimenti di disagio in un mondo in cui ogni valore sembra essere discutibile. In particolare è la sfera della morale sessuale e le abitudini sociali nei rapporti uomo-donna ad aver subito i cambiamenti più vistosi.
Il comune senso del pudore
(Giorgio Bianchi, 1959)
Illustrazione di Giuliano Nistri
L’uomo risponde alla novità dell’emancipazione femminile, del diritto al voto alle donne, della trasformazione del costume nominandosi detentore della moralità illudendosi, in questo modo, di mantenere il controllo e il potere su di esse. In altre parole l’uomo, alla ricerca di un modo con cui mantenere la propria superiorità, acquisisce il ruolo di giudice morale.
Il moralista
Bubù
(Mauro Bolognini, 1971)
La rivendicazione maschile di un ruolo primario nell’ambito sessuale attraverso l’esibizione delle proprie capacità amatorie diviene un tema spesso frequentato dal cinema italiano. In questa illustrazione l’inedito ingresso nell’intimità della camera da letto, fanno di questo manifesto uno dei più erotici del periodo e costituisce una tappa importante del processo di esplicitazione dei contenuti erotici e sessuali nell’illustrazione pubblicitaria per il cinema.
Bubù
Homo eroticus
(Marco Vicario, 1971)
Sui manifesti cinematografici la manifestazione della virilità e del machismo avviene attraverso l’esibizione della fisicità. Ma questa ossessione al possesso erotico viene spesso caricaturizzata, come in questa illustrazione.
Homo eroticus
(Sergio Corbucci, 1966)
Illustrazione di Rodolfo Gasparri
Con la nascita del western italiano nel 1964 con il film Per un pugno di dollari di Sergio Leone e con il successo del genere poliziesco negli anni settanta compaiono sullo schermo dei personaggi maschili caratterizzati dall’essere estremamente duri, cupi e violenti.
Django
(Carlo Lizzani, 1967)
Illustrazione di Mos
Anche in questa illustrazione l'uomo torna ad essere macho, virile e violento. Nella maggior parte del cinema poliziesco italiano non c'è posto per le relazioni e l'affetto.
Banditi a Milano
(Mario Caiano, 1976)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Sono uomini coraggiosi, solitari, dal profilo morale poco definibile e dai lineamenti duri ad occupare i manifesti pubblicitari del genere poliziesco italiano. La mascolinità che compare in questi film, fortemente stereotipata, rimanda al modello di uomo “mitico” del cinema peplum.
Milano violenta
Liliana Ellena, “le identità individuali e collettive sono messe in crisi da diversi fattori: mutamento tecnologico, slittamento dei confini tra pubblico e privato, consumi di massa (senza distinzione di classe), crisi dei rapporti tra modernità e tradizione, ordine e disordine”1. Come sostiene Piccone Stella “i grossi cambiamenti in corso si esprimevano anche con vistosi segnali anticipatori dei fenomeni che diventeranno centrali negli anni ’60: il successo della televisione, l’espansione dei mass media, l’influenza della pubblicità, nuovi particolari consumi, un modo d’imporsi all’attenzione dei fenomeni legati al sesso, e – più ancora – la crescita delle città, l’aumento della scolarizzazione”2. In questo momento storico ricco di trasformazioni sociali e culturali ma anche di profonde contraddizioni, il cinema diviene uno dei luoghi entro cui si dibattono e si rivelano i conflitti sui valori culturali. La commedia in particolare diviene uno dei luoghi in cui, sotto la maschera del racconto comico, ironico e parodistico, si tematizzano aspetti rilevanti dei mutamenti in atto. Le mode, le nuove tendenze giovanili, i modificati rapporti di forza nelle relazioni tra uomo e donna, l’omosessualità, l’accesso ai beni di consumo, sono solo alcuni degli elementi che trovano spazio nel racconto filmico e che vengono quindi a costituire forti motivi di richiamo per il pubblico guadagnandosi di conseguenza uno spazio rilevante nelle illustrazioni pubblicitarie. La pubblicità cinematografica fa spesso leva sulla presenza di questi elementi nel film, talvolta enfatizzandoli oltre misura, per richiamare il pubblico in sala e per catturare l’attenzione dello spettatore. I nuovi costumi sessuali e la rappresentazione delle nuove identità femminili e maschili in rapporto alle trasformazioni sociali e culturali costituiscono un forte motivo di richiamo.
La selezione di manifesti che segue mette in luce come dalla fine della guerra alla prima metà degli anni cinquanta si trovano già, accanto allo stereotipo dell’uomo forte, eroico e virile – spesso in funzione del rapporto di predominio che stabilisce con la donna –, rappresentazioni di una mascolinità più dimessa in cui i tratti tradizionali sono spesso parodizzati e caricaturizzati. La virilità non è più espressa nelle forme del machismo, della forza fisica e militare; anzi l’adeguamento alle mode, la conquista di nuovi beni di lusso, le trasformazioni sociali, l’emancipazione femminile, i modelli culturali americani sembrano aver avviato un processo di femminilizzazione e devirilizzazione che si presta ad essere uno dei temi centrali della commedia italiana della seconda metà degli anni sessanta e del decennio successivo3. Se nel cinema degli anni trenta l’uomo è spesso chiamato a difendere la tradizione dagli assalti di una modernità aggressiva e pericolosa, nel corso degli anni cinquanta l’uomo accetta e allo stesso tempo subisce le profonde trasformazioni in corso, in particolare quelle legate ai nuovi stili di vita “moderni”. Parallelamente si fa strada l’icona di una donna emancipata e risoluta, sessualmente disinibita, dall’atteggiamento forte e schietto, ed economicamente autonoma. L’identità tradizionale di coppia viene messa in crisi ma le sue nuove dinamiche sono oggetto privilegiato della narrazione cinematografica e della sua promozione pubblicitaria.
Per la generazione dei giovani degli anni cinquanta la politica, il lavoro e la famiglia non sono più posti al centro della vita. Maggiore spazio è dato al tempo libero, ai rapporti personali e al sesso, mentre si sviluppano tendenze a vite estreme e affascinate dal gusto del limite. Le identità maschili e femminili si fanno più sfaccettate e ambivalenti. In questa situazione chi subisce il mutamento maggiore è il corpo maschile che appare sui manifesti sempre più debole, dimesso, emaciato, il cui sguardo è spesso perplesso, insicuro, sancendo la definitiva scomparsa del modello mussoliniano dell’uomo forte.
E’ solo con l’avvento dei generi western e poliziesco italiano che tornano in maniera decisa sullo schermo personaggi maschili virili, violenti, spietati che abitano un mondo maschilista. Se nel western le donne non compaiono quasi del tutto, nel poliziesco appaiono spesso come vittime o traditrici e sempre connotate negativamente. E’ in questi generi che l’uomo sembra ritrovare quelle forme di aggressività e di machismo che ne costituiscono uno degli stereotipi più diffusi.
Roberto Della Torre
Note
1 L. Ellena, Mascolinità e immaginario nazionale nel cinema italiano degli anni Trenta, in a cura di S. Bellassai – M. Malatesta, Genere e mascolinità. Uno sguardo storico, Roma, Bulzoni, 2000., p. 244.
2 S. Piccone Stella, La prima generazione. Ragazze e ragazzi nel miracolo economico italiano, Milano, Franco Angeli, 1993, p.116.
3 Interessante, a proposito, è la possibilità di identificare un rapporto tra i grandi attori italiani del periodo e i modelli di mascolinità che essi rappresentano. Si veda M. Grande, La commedia italiana, Bulzoni, Roma 2001, p.264.
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L'identità maschile proposta dal Neorealismo italiano è quella di un uomo semplice, impulsivo e passionale, dall'aspetto trasandato e dalla postura anti-divistica. Si tratta di un modello in totale antitesi con quello virile, aggressivo ed eroico proposto dal fascismo. I tratti fisici si fanno ora più popolari mentre la povertà viene a costituire uno dei suoi tratti distintivi. Così è l'immagine dell'attore Lamberto Maggiorani dipinto da Ercole Brini, autore del manifesto.
Ladri di biciclette
(Alberto Lattuada, 1948)
Illustrazione di Averardo Ciriello
La rappresentazione dell’uomo forte e aggressivo nell’atto di difendere la donna inginocchiata ai suoi piedi con l’uso di un’arma da fuoco, richiama un modello di virilità ereditato dal cinema di ambiente militare fascista in cui l’uomo si fa portavoce di ideali bellici e in cui la donna occupa un ruolo subalterno. Si tratta di uno stereotipo destinato a scomparire dai manifesti cinematografici, non costituendo più un elemento di richiamo per il pubblico.
Senza pietà
(Pietro Germi, 1948)
Illustrazione di Carlantonio Longi
Nella rappresentazione della fisicità maschile che sovrasta in altezza quella femminile e nel rapporto di sguardi in cui a quello supplichevole della donna si oppone quello duro e severo dell’uomo si legge un evidente sbilanciamento dei rapporti di forza della coppia. Questa egemonia entrerà presto in crisi a causa dei processi di modernizzazione che chiuderanno definitivamente la fase virilista del ventennio precedente e la rappresentazione più frequente sarà presto quella di un uomo “dominato” dalla donna.
Gioventù perduta
(Giorgio Bianchi, 1951)
Illustrazione di Enrico De Seta
Alcuni dei riti della seduzione sono caricaturizzati in questa ironica illustrazione di Enrico De Seta in cui un uomo elegante è inginocchiato di fronte ad una donna a cui dona dei fiori, nella seconda tre figure lottano tra loro per conquistare la provocante donna in abito rosso che occupa il primo piano del manifesto.
Amore non ho! Però, però…
(Mario Mattoli, 1951)
Illustrazione di Enrico De Seta
Alcuni dei riti della seduzione sono caricaturizzati in queste due ironiche illustrazioni di Enrico De Seta. Nella prima un uomo elegante è inginocchiato di fronte ad una donna a cui dona dei fiori, nella seconda tre figure lottano tra loro per conquistare la provocante donna in abito rosso che occupa il primo piano del manifesto. E’ interessante osservare come l’effetto comico sia ottenuto lavorando sulle dimensioni dei personaggi in un processo di ribaltamento degli stereotipi iconografici in cui è l’uomo ad occupare lo spazio maggiore dell’illustrazione e a prevalere fisicamente sulla donna.
Il padrone del vapore
(Mario Mattoli, 1950)
Illustrazione di Carlantonio Longi
Il nudo maschile è quasi del tutto assente dalle illustrazioni pubblicitarie per il cinema. In particolare non è ammissibile – pena la censura – la rappresentazione di un corpo maschile e di uno femminile nudi uno accanto all’altro. Questo tipo di illustrazione è possibile solo a patto che sia giustificata da un contesto comico o storico, che il rapporto tra i due personaggi non abbia connotazioni erotiche, oppure che la fisicità maschile sia scarsamente virile.
Adamo ed Eva
(Mario Camerini, 1954)
Illustrazione di Dante Manno
La rappresentazione del corpo muscoloso e atletico trova spazio nel peplum, un genere cinematografico ambientato nell’antichità classica e caratterizzato dalla presenza di uomini forti come Maciste, Ercole, Ursus e altri ancora. Questo genere, che vanta prestigiose origini nel periodo del muto, vive tra gli anni cinquanta e sessanta un nuovo successo.
Ulisse
(Umberto Lenzi, 1964)
Illustrazione di Averardo Ciriello
In questi film la virilità maschile è trattata con estrema serietà e vi si respira l’idea di un rapporto direttamente proporzionale tra la potenza muscolare e il potere, tra l’abilità nella lotta e il profilo morale, tra la forza e la capacità di seduzione, di conquista e di controllo sull’altro sesso.
I pirati della Malesia
(Luigi Filippo D’amico, 1973)
Illustrazione di Mos
La commedia italiana del dopoguerra costruisce parte della la propria comicità sul ribaltamento degli stereotipi che definiscono l’identità maschile, in particolare quelli legati ad una corporeità forte e virile che si lega strettamente all’idea maschilista di una presunta superiorità dell’uomo sulla donna.
Amore e ginnastica
(Luigi Comencini, 1954)
Fotobusta a composizione fotografica
La caricatura dell’uomo che insegue faticosamente un modello di fisicità irraggiungibile e la sua competizione con la donna per mantenere tale primato costituisce un forte elemento di valorizzazione comica del film.
Pane amore e gelosia
(Roberto Savarese, 1951)
Illustrazione di A, Majorana
Mamma mia che impressione
(Aldo Fabrizi, 1952)
Illustrazione di Carlantonio Longi
In questo manifesto si ironizza sulla mascolinità attraverso la caricatura femminilizzata del protagonista del film Aldo Fabrizi il quale, ipnotizzato, veste i panni di alcune figure femminili che lo opprimono nella vita, ovvero la moglie e la figlia. L’uomo, travestito da donna, rinuncia così inconsapevolmente alla propria mascolinità dando vita a situazioni comiche. Ogni traccia di femminilizzazione maschile e l’omosessualità in particolare, saranno esclusi dai manifesti almeno fino alla prima metà degli anni settanta
Papà diventa mamma
(Mauro Morassi, 1957)
Illustrazione di Carlantonio Longi
In questa illustrazione la virilità del soggetto maschile è messa in ridicolo dall’atteggiamento materno delle due figure femminili e rafforzato dalla presenza di un biberon. L’elemento di richiamo esibito dal manifesto è dunque il problema del rapporto contraddittorio delle nuove generazioni tra la tendenza a restare legati alla famiglia e il desiderio di maggiore indipendenza. E’ dalla tensione tra questi due atteggiamenti che scaturiscono situazioni comiche e grottesche.
Il cocco di mamma
(Turi Vasile, 1957)
Illustrazione di Arnaldo Putzu
Lo stereotipo dell’uomo detentore dei principi e dei valori della disciplina, dell’ordine, della forza e dell’eroismo, simbolicamente rappresentati dalla divisa militare, è messo in crisi dal passaggio di una donna in abito rosso. Ogni principio sembra essere messo in discussione nel rapporto con l’altro sesso: il modello di un’identità maschile salda e tutta d’un pezzo crolla di fronte al corpo femminile.
Classe di ferro
(Dino Risi, 1956)
Illustrazione di Arnaldo Putzu
In questo manifesto il corpo maschile scompare simbolicamente lasciando spazio a quello “formoso” ed erotico femminile. Il illustrazione di Putzu venne accusato di immoralità sia da alcuni quotidiani di sinistra sia dal Vaticano a dimostrazione di quanto lo sguardo della società italiana del periodo fosse ancora fortemente “imbarazzato” di fronte ad una rappresentazione così esplicita del corpo femminile.
Poveri ma belli
(Luigi Comencini, 1957)
Illustrazione anonimo
L’uomo ridefinisce la propria identità sulla base di queste trasformazioni sociali e culturali. Si impongono nuovi modelli di comportamento, nuovi luoghi di socializzazione, nuove abitudini e un modo diverso di gestire il tempo libero. Quando l’adeguamento a queste trasformazioni avviene senza traumi e viene vissuto come una risorsa il corpo maschile appare, come in queste illustrazioni, attivo, sano e disinvolto.
Mariti in città
(Mauro Bolognini, 1959)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Il giovanilismo, la moda, il desiderio di sentirsi al passo con i tempi, lo sguardo rivolto ad uno stile di vita moderno, la voglia di libertà e di emancipazione, i nuovi modi di gestire i rapporti di coppia, la messa in discussione del vincolo matrimoniale sono solo alcuni degli elementi che appaiono nelle illustrazioni pubblicitarie.
La notte brava
(Gianni Franciolini, 1955)
Illustrazione di Enrico De Seta
Racconti romani
(Dino Risi, 1962)
Illustrazione di Mauro Innocenti
Gli aspetti dell’identità maschile vengono spesso associati alla tecnologia e all’automobile nello specifico. L’automobile appare come un attributo specificatamente maschile, in grado di indicare emancipazione, modernità, ricchezza e riconoscimento sociale.
Il sorpasso
(Ettore Scola, 1963)
Illustrazione di Sandro Simeoni
L’uomo di successo, caratterizzato da dinamismo, fascino, competenze tecniche, uso di nuovi prodotti e di moderni beni di consumo è spesso interpretato nel cinema italiano da Vittorio Gassman, il cui corpo slanciato, la voce profonda, lo sguardo penetrante, la scaltrezza e l’eleganza rimandano ad un modello di mascolinità e virilità più tradizionale.
Parliamo di donne
(Vittorio Sala, 1959)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Spess il cinema ironizza su questo modello di uomo sicuro di sé, come nel caso del film Costa Azzurra, in cui Alberto Sordi interpreta una caricatura dell’uomo seducente, virile e macho.
Costa azzurra
(Pasquale Festa Campanile, 1968)
Illustrazione anonimo
I nuovi rapporti di coppia che, sulla spinta dell’emancipazione femminile, non appaiono più fondati sul predominio maschile ma su una reciproca comprensione o, addirittura, sul loro ribaltamento, divengono alcuni dei temi più diffusi nella commedia italiana degli anni sessanta. Nella finzione cinematografica, molto più che nella realtà, le donne acquistano indipendenza dal marito, gestiscono l’economia domestica e mantengono un diritto assoluto sull’educazione dei figli.
La matriarca
(Alberto Lattuada, 1970)
Illustrazione di Mos
Di fronte all'emancipazione femminile l’uomo appare passivo e, mentre il corpo femminile si modella su stereotipi di una fisicità bella e provocante, quello maschile perde progressivamente di virilità, mentre i volti appaiono sconvolti e stralunati.
Venga a prendere il caffè da noi
(Pasquale Festa Campanile, 1966)
Illustrazione di Mauro Innocenti
La condivisione dei medesimi diritti e doveri coinvolge anche il delicato problema dell’adulterio femminile, questione affrontata nel film e ben rappresentata nel “simmetrico” manifesto di Maro. Bisognerà aspettare il 1968 perchè una sentenza dichiari illegittima la disparità secondo la quale l’adulterio femminile sarebbe più grave del tradimento maschile.
Adulterio all'italiana
(Pietro Germi, 1961)
Illustrazione di Averardo Ciriello
Nell’illustrazione di Ciriello per Divorzio all’italiana è l’uomo del sud, dai tratti stereotipati e con una pistola in mano, a difendere la tradizione minacciata dall’avanzare di profonde trasformazioni sociali.
Divorzio all'italiana
(Gian Luigi Polidoro, 1965)
Illustrazione di Sandro Simeoni
La diffusione dei beni di consumo porta ad una nuova definizione dell’identità maschile e del rapporto uomo-donna. Questa illustrazione tematizza e riassume con efficacia questa situazione in cui l’uomo “femminilizzato” che porta i pacchi regalo e la borsa della spesa ha un aspetto passivo e immobile. Alla sua immobilità e al suo sguardo impacciato si contrappone, invece, una donna attiva e sicura che cammina verso la città.
Una moglie americana
(Luciano Salce, 1971)
Illustrazione anonimo
I diritti rivendicati dalla donne fin dagli anni cinquanta per una vita più comoda e agiata e per l’accesso ai beni di lusso, è ben metaforizzata in queste illustrazioni in cui la donna – detentrice del bene economico comune – veste i panni di una donna che, sesso forte della coppia, convince il proprio uomo a fare tutto ciò che vuole.
Il provinciale
(Pasquale Festa Campanile, 1976)
Illustrazione di Averardo Ciriello
Nel momento in cui l’uomo avverte un disagio e riconosce una minaccia alla propria identità il corpo appare goffo, impaccato, sgraziato, ridicolo e decisamente comico.
Dimmi che fai tutto per me
(Alberto Lattuada, 1973)
Illustrazione di Renato Casaro
Il lavoro, la vita sociale e quella coniugale – ambiti in cui per anni i ruoli e le dinamiche sembravano essere consolidati – sono ora complicati dalla profonde trasformazioni in atto. Lo sguardo dei personaggi maschile, come ben evidenziano le illustrazioni dei due manifesti, si fa attonito, sorpreso e istupidito.
Sono stato io
(Franco Brusati, 1973)
Illustrazione di Mos
La commedia italiana si fa sempre più amara e i miti rincorsi della ricchezza, del successo e del sesso si rivelano falsi e inconsistenti. Le conseguenze sono la delusione, l’umiliazione e la difficoltà ad orientarsi nel mondo, questioni raccontate in diversi film in cui il protagonista maschile soffre di una nuova forma di malessere.
Pane e cioccolata
(Franco Monteduro, 1966)
Illustrazione di Giuliano Nistri
Il cinema italiano racconta con toni ironici e spesso critici come l’adeguamento ai tempi e alle mode – in particolare quelle provenienti d’oltre Oceano – significhi accettare i processi di cambiamento della propria identità. La musica rock, i capelli lunghi, i vestiti trasandati, l’esibita omossesualità sono solo alcuni dei tratti che definiscono un nuovo tipo di mascolinità.
La battaglia dei Mods
(Luigi Zampa, 1970)
Illustrazione di Ercole Brini
Contestazione generale
(Pupi Avati, 1976)
Illustrazione di Averardo Ciriello
L’omosessualità inizia ad apparire velatamente anche sui manifesti cinematografici come nelle illustrazioni per i film Contestazione generale (Luigi Zampa, 1970) e Bordella.
Bordella
(Alberto Sordi, 1976)
Illustrazione di Renato Casaro
L’altro lato della modernizzazione e del consumismo è la perdita di riferimenti e l’acuirsi di sentimenti di disagio in un mondo in cui ogni valore sembra essere discutibile. In particolare è la sfera della morale sessuale e le abitudini sociali nei rapporti uomo-donna ad aver subito i cambiamenti più vistosi.
Il comune senso del pudore
(Giorgio Bianchi, 1959)
Illustrazione di Giuliano Nistri
L’uomo risponde alla novità dell’emancipazione femminile, del diritto al voto alle donne, della trasformazione del costume nominandosi detentore della moralità illudendosi, in questo modo, di mantenere il controllo e il potere su di esse. In altre parole l’uomo, alla ricerca di un modo con cui mantenere la propria superiorità, acquisisce il ruolo di giudice morale.
Il moralista
Bubù
(Mauro Bolognini, 1971)
La rivendicazione maschile di un ruolo primario nell’ambito sessuale attraverso l’esibizione delle proprie capacità amatorie diviene un tema spesso frequentato dal cinema italiano. In questa illustrazione l’inedito ingresso nell’intimità della camera da letto, fanno di questo manifesto uno dei più erotici del periodo e costituisce una tappa importante del processo di esplicitazione dei contenuti erotici e sessuali nell’illustrazione pubblicitaria per il cinema.
Bubù
Homo eroticus
(Marco Vicario, 1971)
Sui manifesti cinematografici la manifestazione della virilità e del machismo avviene attraverso l’esibizione della fisicità. Ma questa ossessione al possesso erotico viene spesso caricaturizzata, come in questa illustrazione.
Homo eroticus
(Sergio Corbucci, 1966)
Illustrazione di Rodolfo Gasparri
Con la nascita del western italiano nel 1964 con il film Per un pugno di dollari di Sergio Leone e con il successo del genere poliziesco negli anni settanta compaiono sullo schermo dei personaggi maschili caratterizzati dall’essere estremamente duri, cupi e violenti.
Django
(Carlo Lizzani, 1967)
Illustrazione di Mos
Anche in questa illustrazione l'uomo torna ad essere macho, virile e violento. Nella maggior parte del cinema poliziesco italiano non c'è posto per le relazioni e l'affetto.
Banditi a Milano
(Mario Caiano, 1976)
Illustrazione di Sandro Simeoni
Sono uomini coraggiosi, solitari, dal profilo morale poco definibile e dai lineamenti duri ad occupare i manifesti pubblicitari del genere poliziesco italiano. La mascolinità che compare in questi film, fortemente stereotipata, rimanda al modello di uomo “mitico” del cinema peplum.
Nel 1968 esce nei cinema 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick. Il capolavoro di fantascienza che consacra il talento inarrivabile di un regista ancora oggi senza pari, capace di cambiare per sempre il...